[Relics of Montale's Liguria (Portovenere 2015). Foto Rb]
Andrea Gareffi, Montale antinomico e metafisico. Firenze, Le Lettere, 2014
La monografia
di Andrea Gareffi Montale antinomico e metafisico costituisce uno studio
complesso ed interessante che, con padronanza della materia e capacità
argomentativa, oltre a fare un punto della situazione, apporta nuovi contributi
al tema della metafisica nella poesia montaliana. Il saggio è articolato in tre
capitoli che, lungo un filo continuo, mai smorzato, portano avanti con corenza
la tesi di fondo. Il titolo è aderente all’oggetto della discussione che, in un
primo tempo, chiarisce il significato dell’antinomia da un punto di vista
filosofico poi, su questo assunto, scava in profondità, nel substrato
concettuale della poesia di Montale sostanziata di pensiero più che di emozioni
e sensazioni. Nella dispositio interna, concettuale del saggio, notiamo
un procedere graduale verso la tesi del terzo ed ultimo capitolo intitolato Montale,
De Pisis e la metafisica, il capitolo più disteso e ricco di suggestioni in
cui, con riferimenti puntuali, il critico ripercorre la significazione di
epifanie femminili sfuggenti non solo metaforicamente ma anche spazialmente. Questo
a dimostrazione di una poesia avvalorata da contenuti precisi, circostanziati,
al di là della forma complessa o, forse meglio, in cui il contenuto esperisce
la forma.
Il primo
capitolo, forse il più autonomo nell’amalgama complessiva, reca il titolo La
rinascita delle antinomie: al suo interno, con la chiarezza esplicativa che
gli è propria, Gareffi ripercorre esempi importanti di antinomie a
dimostrazione di come, con contraddizioni vere o apparenti, Montale intenda
riferirsi a concetti fondamentali che divengono chiari solo attraverso un
accostamento antitetico, come se il linguaggio e lo stile sostenessero il
contenuto, veicolando una significazione alta, metafisica. Da questo punto di
vista il critico sostiene che la poesia di Montale - anche attraverso
testimonianze dirette rilasciate dal poeta - non emerge in direzione delle cose
verso il pensiero quanto, piuttosto, funziona in senso opposto. Il critico, non
a caso, cita l’illuminante studio di Luigi Blasucci Gli oggetti di Montale
ad indicazione di come la riflessione sul mare dell’oggettività fenomenica
quotidiana nasconda la dimensione intima a cui riconduce la riflessione del
saggio. Cose e persone - potremmo aggiungere - non assumono significato in sé
quanto, piuttosto, per approssimazione a ciò che sta dietro il lessema, nell’allusione
a fatti o significati più o meno intuibili, valicando il contenuto letterale
che pure esiste e resta saldo ai fini della comprensione globale. In questo
modo il testo diviene interessante perché sposta l’attenzione verso zone
semantiche nascoste che trascendono la mera realtà con riferimento alla ricerca
dell’Assoluto a cui Montale risale attraverso lo specchio di raffronto di
raffinate e colte figure femminili che, col loro fascino intellettuale, hanno
fatto da guida sapienziale verso una dimensione alter dell’esistenza.
Sempre nel primo capitolo l’autore approfondisce il concetto di antinomia
sviluppandolo dal punto di vista delle fonti ed attingendo, in particolare,
alla filosofia novecentesca e medievale che meglio lo rappresentano. In questo
caso è paradigmatica l’esperienza di Holderlin e della sua poesia che, tra
alternanze di luce ed ombre, riesce a estrapolare antinomicamente il
significato delle situazioni e delle circostanze. Ma non solo: quanto a dire che
Holderlin è solo la punta più in vista e significativa di questa tipologia
poetica, accanto a John Donne o a Gerard Manley Hopkins di cui Montale offre,
nel Quaderno di traduzioni, alcuni esempi di traduzione.
Dietro a questi
forti presupposti concettuali rinveniamo anche il pensiero di alcuni filosofi
del Romanticismo e del Novecento: da Fichte a Hegel fino all’esistenzialismo di
Husserl ed Heidegger, senza dimenticare la lezione di Meister Eckhart,
particolarmente apprezzato e studiato da Irma Brandeis, alias Clizia, la
musa poetica montaliana per accezione, colei che presiede quale nume tutelare,
incontrastato, pieno di autorità e suggestione nelle Occasioni.
Nella parte
finale del primo capitolo registriamo un andamento diverso rispetto all’incipit.
Se, infatti, in un primo tempo predomina il tema delle fonti, in un
secondo momento si profilano suggerimenti e accenni a dimostrazione di concetti
prima esplicati, quasi a riprova, mediante la lettura, di quanto
precedentemente sostenuto. Se il primo capitolo può essere interpretato come la
chiave di volta per la comprensione dell’antinomia alla base della poesia di
Montale, nel secondo capitolo Gareffi ripercorre in modo sistematico, seguendo
un ordine cronologico, dagli Ossi fino a Satura e via di seguito,
gli esempi antinomici più significativi. L’analisi testuale, concentrata
soprattutto sui principali snodi di pensiero, è condotta servendosi dell’edizione
critica dell’Opera in versi, utile da un punto di vista
tecnico-filologico per entrare nell’officina del poeta ed evidenziare, laddove
presenti, le varianti d’autore, sciogliendole nel loro significato filosofico e
letterale, a dimostrazione di come la poesia di Montale prenda forma attorno a
temi ‘forti’, importanti di cui le varianti costituiscono e ripercorrono non
solo la gestazione letteraria ma, soprattutto, le trasformazioni e metamorfosi
del pensiero. Ci troviamo di fronte, infatti, ad esempi di accostamenti
antinomici azzardati come, ad esempio, nei primi versi della Casa dei
doganieri, il riferimento alla posizione della casa situata “sul rialzo a strapiombo sulla scogliera” ad
indicazione della sfida del pensiero poetico lanciato alle regole della statica fisica.
Nel secondo
capitolo sono analizzati in modo dettagliato spunti, immagini e suggestioni
evocative che possono suggerire interpretazioni nuove poiché scavano nell’Io
del poeta, nel profondo della sua sensibilità. I casi più interessanti sono
ricavati soprattutto dalle Occasioni ma includono anche liriche della Bufera,
laddove la contraddizione delle varianti d’autore capovolge il significato
sotteso in un primo tempo ad indicazione di come il concetto, il pensiero, non
rimanga identico a sé, ma rifletta talvolta un cambiamento nel tempo. L’interpretazione
testuale è spesso accompagnata dalla ricerca sintetica dei contenuti filosofici
principali: da Bergson col tema del tempo e, soprattutto, dell’intuizione quale
sorta di epifania che svela una parte del tutto, fino a Boutroux, sul quale
Gareffi insiste in modo particolare. Nel capitolo menzionato vengono anticipati
alcuni dei motivi presenti nel terzo ed ultimo scritto, quello che sigilla e dà
un senso compiuto all’insieme. Accanto ai fenomeni naturalistici ed atmosferici
raffigurati negli Ossi, si accostano a partire dalle Occasioni, quali
immagini care le epifanie di Irma Brandeis, Gerti Frankl Tolacci e Ljuba
Blumenthal, figure femminili intelligenti ma enigmatiche, esiliate dalla loro
terra affettiva: la Stiria, la Carinzia, i Carpazi, voltate altrove dal destino
di esuli fino a divenire segno dei tempi alla vigilia di una bufera storica
infernale.
Attraverso
questi fantasmi che scompaiono diretti verso la salvezza Oltremanica, ma che
persistono a livello di intuizioni ed essenze, fino a riapparire mitizzate
nella memoria, il poeta sopravvive ai disastri della storia con la sola forza
del ricordo e, legata a questo, degli affetti. Alcuni testi di Montale
divengono, secondo Gareffi, simboli e paradigmi della poesia stessa, secondo un
continuum logico con cui può essere letto il canzoniere di Montale.
Canzoniere non frammentario - dunque - che isola ed emargina i pezzi ma che,
secondo il punto di vista del critico, riscostruisce una sua unità dagli Ossi
fino ad Altri versi, facendo della natura e del paesaggio cifre
semantiche del reale: dall’ansia di Arsenio nell’omonima poesia, alle ultime
nitide apparizioni di Clizia nel ricordo senile del poeta.
Il motivo della
memoria, della sua importanza nell’elaborazione tematica è fortemente sostenuto
verso la fine dell’ultimo capitolo, quello più complesso, articolato e nutrito
dal background concettuale precedente. Lo spunto di questa parte del
saggio intitolata Montale, De Pisis e la metafisica è fornito dal testo Alla
maniera di F. de Pisis in cui il riferimento è rivolto ad una tela di De
Pisis che ha per soggetto un beccaccino. E, proprio sul tema del volatile
raffigurato da De Pisis, si concentra l’argomentazione di quest’ultimo capitolo
in cui è approfondita la componente metafisica della poesia montaliana in
relazione al volatile, allegoria della poesia. Il semplice ed umile beccaccino
diviene, infatti, non solo l’emblema dell’animo montaliano, ma della poesia e,
soprattutto, della raffigurazione di questa nell’arte giungendo, quasi calato
in una sorta di enigma pirandelliano di soggetto nel soggetto, all’espressione
tautologica.
L’ispirazione
poetica montaliana - afferma il critico - proviene sempre da un dato di fatto,
da una suggestione fisica, contingente, quale punto di partenza per un viaggio
all’interno dell’Io. In questo caso Gareffi menziona altre fonti: Montaigne e
Proust ma, soprattutto, Bergson e Meister Eckhart secondo il quale la pregnanza
dell’esistere, il suo significato ultimo coincide con la conoscenza e quest’ultima
con la riflessione. In tale accezione Montale non tradisce la sua visione del
reale: egli fa del tu - sia esso visiting angel, ricordo o semplicemente
immagine, immaginazione e sopravvivenza alla morte - il significante della
poesia, un riflesso delle capacità poetiche di conservare gli affetti, di
tesaurizzare un’immagine, in direzione “quella vita che dà barlumi” a cui Montale fa esplicito riferimento nella
poesia liminare alle Occasioni.
[Maurizio Masi]