[Residents and tourists in Bugis (Singapore 2016). Foto Rb]
Jean-Didier Urbain, L’idiot du voyage. 1991. Sottotitolo: Histoires de tourists. Parigi, Payot et Rivages, 2002
Oltre a
ricostruire, per certi aspetti, una storia del turismo dal diciannovesimo secolo
in poi, l’antropologo Urbain si occupa della definizione di turismo e del concetto
di turista.
Se il sociologo
Nash “assimila il turismo al una forma di imperialismo” (p. 17) e J.-C. Berchet
vedeva il turismo dell’Ottocento come un’attività collaterale al colonialismo
(p. 17), esso va interpretato al contempo anche come una modalità dello scambio
tra culture.
Secondo
Todorov, il turista “cerca di accumulare nel viaggio che compie più immagini
che sia possibile: la macchina fotografica è il suo strumento emblematico”, il
turista si serve più delle immagini che delle parole (p. 32). Ciò, nelle
analisi di Urbain, è dimostrato fin dai reportage dell’Ottocento, cita in
proposito le descrizioni di Filadelfia di Chateaubriand.
Ci fu un
tempo in cui era marcata la differenza tra il viaggiatore, soprattutto se illustre, o antropologo, e il turista, una distinzione, apparsa nella
seconda metà del diciannovesimo secolo, che oggi non è più di qualità ma di
quantità. Ulteriore distinzione è tra stanziale,
come il villeggiante, che per Urbain
non è un vero e proprio turista, e nomade,
o in movimento o inserito in una mentalità di viaggio.
Nonostante
sia una delle industrie principali del pianeta, il disprezzo per il turismo in
quanto “mercanzia” (p. 57) e la “degradazione del viaggio a sport e a gioco”
(p. 73) è una caratteristica nata piuttosto presto: è la critica da parte del viaggiatore al visitatore occasionale e
temporaneo di luoghi e monumenti, specie se in comitiva: “la democratizzazione
del viaggio è in odio al viaggiatore”
(p. 86). Il disprezzo è stato ed è praticato da parte degli intellettuali; da
parte delle popolazioni visitate; oggi anche da parte degli ecologisti. Urbain
esamina anche l’auto-vituperazione da parte del turista, non infrequente ieri
come oggi.
Secondo
Urbain, invece, soprattutto ai tempi odierni, “il turista non è un viaggiatore
senza qualità. Lo testimonia la varietà di spazi e di pratiche di quest’essere
umano dallo sguardo multiplo, esploratore di reti, visitatore dei confini e
appassionato dei deserti” (p. 253).
[Roberto
Bertoni]