[Canadian snow in a painting by H.G. Morris (Toronto Art Gallery 2016). Foto Rb]
Asen Balikci, The Netsilik Eskimo, 1970. Prospect Heights (Illinois,
USA), Waveland Press, 1989
L’antropologo Balikci girò una serie di documentari,
derivati da esplorazioni sul campo attuate tra il 1959 e il 1965, tra gli
eschimesi Netsilik del Canada.
Qualche immagine è disponibile su YouTube. Il
libro ripercorre la situazione dei Netsilik negli anni Sessanta, ricostruendo
anche vari elementi della cultura materiale e spirituale, sulla scorta del
classico saggio, che spesso cita, di Knud Rasmussen, The Netsilik Eskimo: Social Life and Spiritual Culture (1931).
Il mutamento nel modo di vita tradizionale viene
attribuito all’arrivo delle armi da fuoco negli anni Quaranta del Novecento,
che modificò le tecniche di caccia, quindi di sopravvivenza, rendendo meno
fondamentale la collaborazione della collettività, mentre con altre innovazioni
della modernità si determinavano anche spostamenti nomadici più facili.
In un Epilogo all’edizione del 1989 del volume (pp. 247-57), Balikci mette
anche in rilievo il ruolo dei missionari, che convertirono la tribù al
cristianesimo, col che vennero meno le pratiche di infanticidio e poligamia, e
l’istituzione del canadese Department of Northern Affairs nel 1950, che
introdusse l’istruzione elementare, l’uso della lingua inglese tra le nuove
generazioni e la presenza di personale medico.
Resta dunque una testimonianza di tradizioni e abitudini
ormai scomparse. La cultura materiale, fondata sulla caccia, la costruzione di
dimore di neve (in quanto isolante dal freddo) adatte al clima inospitale, gli
utensili di ghiaccio, osso, le vesti di pelli di foca e caribù, nell’insieme
implicavano una dimensione di sopravvivenza difficile e perseguita nell’ambito
della cooperazione tra consanguinei e famiglie estese.
Allo stesso tempo, in una configurazione sociale di tipo
arcaico, si determinavano momenti di conflitto, da risolversi in modi formali
con la lotta, la gara di canto, il litigio, ma anche con l’omicidio individuale
per appropriarsi, per esempio, di una moglie già impegnata con un altro uomo, o
della pena di morte decisa collettivamente per punire atti criminosi. L’infanticidio,
piuttosto diffuso, era dovuto a motivi di sopravvivenza, non potendosi sfamare
più di tante bocche.
Al di là di questi aspetti violenti, non prevalenti,
l’autore mette in evidenza quanto, verso i figli sopravvissuti, esistesse un
atteggiamento permissivo e affettuoso; e come la società Netsilik trovasse
coesione non solo nella gestione della vita materiale, ma nel fatto religioso,
caratterizzato dallo sciamanesimo, la credenza animistica negli spiriti, la
presenza di tre divinità principali e di tre aldilà, due positivi e di
remunerazione della vita vissuta degnamente, e uno punitivo.
[Roberto Bertoni]