Sottotitolo: A North Korean Girl’s Journey to Freedom. Penguin
Random House 2015
Yeonmi Park, ventunenne
nordcoreana, ha acquisito notorietà internazionale col racconto della propria
biografia, prima in varie interviste televisive, quindi col libro.
La sua storia è senza
dubbio drammatica. Cresciuta nell’atmosfera di sospetto e incomunicabilità del
regime nordcoreano, pur provenendo da una famiglia rispettabile in un paese in
cui lo status sociale è essenziale,
inteso come rapporto di fedeltà nei confronti della direzione politica e di
appartenenza allo strato sociale militare o comunque dei quadri del partito, ha
perso tale privilegio in seguito agli eventi tragici della carestia e del desiderio
di miglioramento del padre che, in parte per assicurare la sopravvivenza alla
famiglia, in parte per scelta ideologica, dedicandosi al contrabbando di video
e altri articoli proibiti, è stato arrestato e detenuto in un campo di
rieducazione da cui è uscito piegato e malato, fino a morire di cancro quando
era già emigrato in Cina.
Yeonmi e la madre sono
riuscite a passare il confine della Corea del Nord prima di lui, riunificandosi
in seguito. La fuga delle due donne è picaresca e tragica. I coadiutori sono
infatti appartenenti a bande di criminalità organizzata che trafficano in
esseri umani. In quel periodo, prima che la Cina ponesse
dei limiti con la repressione poliziesca, vendevano le donne nordcoreane
fuoruscite, o per prostituirle, o per farle sposare, ma in molti casi
schiavizzare, in isolate fattorie cinesi. La madre di Yeonmi viene dapprima
violentata da un mediatore davanti agli occhi della figlia tredicenne: la madre si sacrifica per
evitare che sia la ragazzina la vittima. Una volta che la madre è stata venduta
a un fattore, Yeonmi viene costretta, inizialmente con la forza, in seguito per
legge di sopravvivenza, a divenire l’amante del passeur cinese. Trattata a quel punto con maggiore riguardo, deve tuttavia
fare da interprete all’uomo partecipando alle vendite di altre donne, ma ottenendo
in cambio di riscattare la madre e far curare il padre nelle fasi finali della
malattia. Riesce infine, con la madre, a rifugiarsi presso una missione cristiana che
le trasferisce in Mongolia, ivi percorrono un tratto del deserto del Gobi a
piedi, arrivano infine a Ulan Bator, dove restano in un campo-profughi per qualche tempo, fino a quando ricevono un passaggio aereo per Seoul, entrando nella Corea del Sud, che li accoglie. È questo uno degli itinerari della
fuga dei nordcoreani; l’altro è attraverso la Tailandia, da dove è passata la
sorella di Yeonmi, riunendosi cinque anni dopo alla famiglia.
L’arrivo a Seoul è
descritto di solito come liberatorio dai fuorusciti nordcoreani, ma da quel
punto in poi, prima ancora di ottenere documenti validi di cittadinanza sudcoreana, iniziano problemi seri di ricostruzione psicologica e d’inserimento
sociale, consistente sia negli interrogatori tesi a determinare che non siano spie, sia nell’adeguamento alla società meridionale con l’apprendimento di azioni quali aprire un conto in banca e compilare moduli oltre che rendersi conto dei meccanismi economici e degli aspetti vari della modernizzazione. Nel racconto di Park, è chiaro che l’istruzione nordcoreana non è
adeguata nel mondo capitalista. Yeonmin riesce comunque a superare la maturità
piuttosto rapidamente, infine a iscriversi a un corso universitario per entrare
nella polizia. La differenza tra lei e i coetanei sudcoreani è abissale, richiede
tempo per essere colmata, così come per la sorella, che tuttavia si diploma con
ancor maggior rapidità, e per la madre, incorsa in una relazione amorosa
violenta con un sudcoreano, da cui infine si emancipa, raggiungendo una
maggiore tranquillità.
A volte i racconti di
fuga nordcoreani risultano esagerati di proposito per ragioni di propaganda.
Così, almeno, secondo alcuni osservatori. Autentici paiono logicamente quelli
che ossificano gli eventi. Vari racconti piuttosto sobri si trovano, per esempio, in un blog di sostegno
ai fuorusciti, Liberty in North Korea,
ma anche in fonti meno coinvolte direttamente e con posizioni di
centro-sinistra come il Guardian.
Nel caso di Yeonmi Park,
la veridicità pare provata, oltre che dalla somiglianza con simili esperienza vissute
da altri, dal fatto che si presenta con la propria identità
reale ed è stata minacciata pubblicamente dal governo nordcoreano. Ancora lo
scorso anno ha commosso e si è commossa in pubblico nel racconto della sua
esperienza a Dublino, registrata su You Tube.
[Roberto Bertoni]