[Façade (Lucca 2015). Foto Rb]
Dire che la Divina commedia
è un capolavoro è una tautologia. Festeggiare i 750 anni dalla nascita di Dante
Alighieri, oltre per questa per le altre opere che scrisse, ha senz’altro
aspetti positivi, una volta sgombrato il fastidio per le celebrazioni
obbligatorie, la spettacolarizzazione dell’anniversario, gli usi strumentali di
vario tipo che a ogni vendita di almanacchi non possono che ripetersi. Positivo è il ritrovamento del classico, della letteratura, del valore della pagina
scritta.
In negativo, a nostro parere, c’è il pregiudizio che
Dante vada difeso perché è il modello principe del canone italiano. Ciò è non
vero. Il canone è esteso, comprende opere di pari valore, che si stendono lungo
un arco temporale ampio, crescendo dal Duecento al nostro secolo.
C’è un pregiudizio, non solo all’estero, che vede nel
Medioevo e nel Rinascimento il contributo fondamentale della letteratura
italiana alla tradizione occidentale, anzi oggi mondiale. Non che non sia
importante, ma il contributo è stato anche quello successivo. A che livello
altrimenti poniamo scrittori come Basile, Vico, Goldoni, Verri, Leopardi? Per non
parlare del Novecento, tra l’altro, se, anche soltanto restando nell’ambito dell’internazionalizzazione
e del formalismo canonico, si contano sei premi Nobel, ma si potrebbero
aggiungere tanti altri scrittori della modernità che il premio non l’hanno
ricevuto ma hanno prodotto un’opera di valore culturale indubbio, da Sciascia a
Calvino a Vittorini.
Dante è più valido di, poniamo, Montale? No,
indubbiamente no, per quanto ci riguarda. Si pongono allo stesso livello,
esprimono concezioni e stili diversi, ma hanno la medesima importanza.
Recuperare anche Dante pare una buona idea. Anteporlo
alla tradizione complessiva e inserirlo su un piedistallo è un errore
culturale, oltre che un ritorno indietro, reazionario, dovuto forse al timore
che il Medioevo italiano si perda.
Timore immotivato. Se qualcosa si perde, in letteratura,
come in altri campi, anche nella vita vissuta, forse non è un dramma. Ma cosa
si perde per sempre davvero? Cosa si recupera con sincerità e senza
attribuzioni mass-mediatiche?
Ci piacerebbe che si riscoprissero piccole opere, nitide,
brevi, proiettate su realtà solo apparentemente minori, prive di boria,
modeste, anche minimaliste.
[Roberto Bertoni]