03/10/15

DANTE 750



[Façade (Lucca 2015). Foto Rb]


Dire che la Divina commedia è un capolavoro è una tautologia. Festeggiare i 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri, oltre per questa per le altre opere che scrisse, ha senz’altro aspetti positivi, una volta sgombrato il fastidio per le celebrazioni obbligatorie, la spettacolarizzazione dell’anniversario, gli usi strumentali di vario tipo che a ogni vendita di almanacchi non possono che ripetersi. Positivo è il ritrovamento del classico, della letteratura, del valore della pagina scritta.

In negativo, a nostro parere, c’è il pregiudizio che Dante vada difeso perché è il modello principe del canone italiano. Ciò è non vero. Il canone è esteso, comprende opere di pari valore, che si stendono lungo un arco temporale ampio, crescendo dal Duecento al nostro secolo.

C’è un pregiudizio, non solo all’estero, che vede nel Medioevo e nel Rinascimento il contributo fondamentale della letteratura italiana alla tradizione occidentale, anzi oggi mondiale. Non che non sia importante, ma il contributo è stato anche quello successivo. A che livello altrimenti poniamo scrittori come Basile, Vico, Goldoni, Verri, Leopardi? Per non parlare del Novecento, tra l’altro, se, anche soltanto restando nell’ambito dell’internazionalizzazione e del formalismo canonico, si contano sei premi Nobel, ma si potrebbero aggiungere tanti altri scrittori della modernità che il premio non l’hanno ricevuto ma hanno prodotto un’opera di valore culturale indubbio, da Sciascia a Calvino a Vittorini.

Dante è più valido di, poniamo, Montale? No, indubbiamente no, per quanto ci riguarda. Si pongono allo stesso livello, esprimono concezioni e stili diversi, ma hanno la medesima importanza.

Recuperare anche Dante pare una buona idea. Anteporlo alla tradizione complessiva e inserirlo su un piedistallo è un errore culturale, oltre che un ritorno indietro, reazionario, dovuto forse al timore che il Medioevo italiano si perda.

Timore immotivato. Se qualcosa si perde, in letteratura, come in altri campi, anche nella vita vissuta, forse non è un dramma. Ma cosa si perde per sempre davvero? Cosa si recupera con sincerità e senza attribuzioni mass-mediatiche?

Ci piacerebbe che si riscoprissero piccole opere, nitide, brevi, proiettate su realtà solo apparentemente minori, prive di boria, modeste, anche minimaliste.


[Roberto Bertoni]