27/09/15

Victoria Surliuga, APNEA



                           [Headless wish of the hands to touch (Dublin 2015). Foto Rb]




Victoria Surliuga, Apnea. Illustrazioni di Ezio Gribaudo. Torino, disegnodiverso,  2015 (ISBN: 978-88-909336-7-7)


La decisione, che ad alcuni sarà parsa audace, di appaiare i versi della giovane studiosa e poetessa Victoria Surliuga alle illustrazioni del venerando artista torinese Ezio Gribaudo (a prescindere dalle ragioni dell’amicizia tra due conterranei) è senza dubbio, a parere di chi scrive, una scommessa vinta [1]. Siamo di fronte a un dittico le cui due ante sono di eguale caratura, e la cui interrelazione appare presto al lettore come un fatto naturale.

L’iconografia onirica di Gribaudo, infatti, dove il velo del perturbante avvolge oggetti riconoscibili facendoli fluttuare in placente di colore o investendoli di fiotti di luce radioattiva, si fa qui perfetta livrea del paesaggio creato dalla poesia di Surliuga, anch’esso una successione di “quadri” resi allucinatori dalla logica implacabile del trauma. Come in un diorama d’altri tempi, l’autrice intesse sequenze familiari a prima vista rassicuranti, ma che poi, per un cambio d’angolazione, diventano angosciante teatro di periodiche emorragie del Reale, i cui attori vengono sottoposti a un minuzioso campionario dell’autolesione, inflitta di preferenza da oggetti puntuti, affilati, abrasivi, scarnificanti (per esempio le forbici).

Questo rituale di sevizie è un tentativo non tanto di risarcire un trauma originario (operazione, si sa, persa in partenza) quanto piuttosto di realizzare una meticolosa agrimensura del devastante vivere quotidiano: un’operazione che l’autrice conduce con un linguaggio impassibile, ma non indifferente. Il dramma è sempre calibrato, l’allucinazione potente per la sua frugalità, il punto di vista quello della testa mozzata di una Barbie che osserva dal balcone l’ordinamento di piccole crudeltà e sofferenze su cui si regge il mondo dei suoi padroncini. 

Nel sondare a fondo, nei rispettivi linguaggi, il territorio dell’inconscio, i versi di Surliuga e la loro specchiatura pittorica costituiscono un universo di ritmiche rispondenze, torbido ma dai margini elegantemente decorati. Come una serie di miniature psichedeliche, da gustare d’un fiato - in apnea -



[Giorgio Mobili]       

                                                             



[1] Tre poesie di Victoria Surliuga sono riprodotte in L’Ombra delle parole.