[Headless wish of the hands to touch (Dublin 2015). Foto Rb]
Victoria Surliuga, Apnea. Illustrazioni di Ezio Gribaudo. Torino, disegnodiverso, 2015 (ISBN:
978-88-909336-7-7)
La decisione, che ad alcuni sarà parsa audace, di
appaiare i versi della giovane studiosa e poetessa Victoria Surliuga alle
illustrazioni del venerando artista torinese Ezio Gribaudo (a prescindere dalle
ragioni dell’amicizia tra due conterranei) è senza dubbio, a parere di chi
scrive, una scommessa vinta [1].
Siamo di fronte a un dittico le cui due ante sono di eguale caratura, e la cui
interrelazione appare presto al lettore come un fatto naturale.
L’iconografia onirica di Gribaudo, infatti, dove
il velo del perturbante avvolge oggetti riconoscibili facendoli fluttuare in
placente di colore o investendoli di fiotti di luce radioattiva, si fa qui
perfetta livrea del paesaggio creato dalla poesia di Surliuga, anch’esso una
successione di “quadri” resi allucinatori dalla
logica implacabile del trauma. Come in un diorama d’altri tempi, l’autrice
intesse sequenze familiari a prima vista rassicuranti, ma che poi, per un
cambio d’angolazione, diventano angosciante teatro di periodiche emorragie del
Reale, i cui attori vengono sottoposti a un minuzioso campionario
dell’autolesione, inflitta di preferenza da oggetti puntuti, affilati, abrasivi,
scarnificanti (per esempio le forbici).
Questo rituale di sevizie è un tentativo non tanto
di risarcire un trauma originario (operazione, si sa, persa in partenza) quanto
piuttosto di realizzare una meticolosa agrimensura del devastante vivere quotidiano:
un’operazione che l’autrice conduce con un linguaggio impassibile, ma non
indifferente. Il dramma è sempre calibrato, l’allucinazione potente per la sua
frugalità, il punto di vista quello della testa mozzata di una Barbie che
osserva dal balcone l’ordinamento di piccole crudeltà e sofferenze su cui si
regge il mondo dei suoi padroncini.
Nel sondare a fondo, nei rispettivi linguaggi, il
territorio dell’inconscio, i versi di Surliuga e la loro specchiatura pittorica
costituiscono un universo di ritmiche rispondenze, torbido ma dai margini
elegantemente decorati. Come una serie di miniature psichedeliche, da gustare
d’un fiato - in apnea -.
[Giorgio Mobili]