[Small river dragon (Dublin 2015). Foto Rb]
Erich Neumann, Storia delle origini della coscienza. Ed.
originale in lingua tedesca 1949. Traduzione di L. Agresti. Roma,
Astrolabio-Ubaldini, 1978
Come riscontra Carl Gustav Jung nella Prefazione, Neumann “prende le mosse […] dal simbolismo matriarcale, e, per esprimere in termini
concettuali quel che ha visto, adopera un simbolo, cioè l’Uroboros” (p. 11), ovvero il mito circolare del ritorno su di sé,
che Neumann assume come punto di partenza tanto della coscienza individuale quanto
di quella collettiva, secondo una teoria in base alla quale “nello sviluppo
ontogenetico la coscienza egoica dell’individuo deve percorrere i medesimi
stadi archetipici che hanno determinato lo sviluppo della coscienza all’interno
dell’umanità” (pp. 13-14).
I tre stadi di sviluppo mitologici, secondo Neumann, sono
l’Uroboros, il momento in cui tutto
coincide e si identifica nell’universo; la Grande
Madre, la fase corrispondente all’“uscita dall’Uroboros”
con “la nascita e la discesa nel mondo inferiore della realtà pieno di
sofferenze” (p. 54); infine la separazione dai genitori, coincidente
mitologicamente con la Lotta contro il
Drago e la conseguente affermazione dello stadio eroico o della presa di
possesso della realtà.
Forse, a distanza di tempo dalla formulazione, l’evoluzionismo
di questa teoria può anche risultare meccanicistico e non del tutto
corrispondente alla realtà, per lo meno sul piano storico dell’elaborazione
mitologica.
Resta però l’ampio respiro, cosmico, della presenza del
simbolo e degli archetipi nella filogenesi e nell’ontogenesi, non solo
fascinoso, ma anche palliativo dell’angoscia esistenziale legata alle domande
di un realismo assoluto e soffocante.
[Roberto Bertoni]