[Chinese screen (Musée du Cinquantenaire, Bruxelles 2015). Foto Rb]
Henri Cartier Bresson, L'autre Chine, Parigi, Centre Nationale de la Photographie, 1989
Il volume raccoglie fotografie
scattate in Cina tra il 1948 e il 1949, sei mesi prima e sei mesi dopo la presa
di potere del Partito Comunista Cinese. Nella mostra fotografica di Bresson
attualmente in corso al Musée Juif de Belgique,
questa serie di immagini è anche definita “Gli ultimi giorni del Kuomintang”;
andrebbe inoltre messa in relazione al successivo servizio fotografico di Bresson in Cina dieci anni dopo a documentare il Grande balzo in avanti e la
società socialista prima della Rivoluzione culturale.
In L’autre Chine, vengono riprese tanto la protesta anti-Kuomintang
(per esempio i manifesti anticapitalisti e le manifestazioni politiche), quanto
esponenti nazionalisti (si veda il ritratto del generale Ma Hun Kouei) e
l’emergenza economico-sociale (restano impresse forse più di altre, in questo
gruppo di foto, per contrasto, la tredicesima, della mendicante con bambino, e quella
della coda, colta con dinamismo, di fronte alle banche a Shanghai per cambiare
la valuta come spiega la didascalia 29-30).
Coerente con la propria poetica
di cogliere il momento, come fa inevitabilmente a parere di Bresson la
fotografia, innestata sull’impermanenza, ove l’abilità del fotografo sta nel
fermare l’istante che un istante dopo non ci sarà più, convinzione che Yves
Bonnefoy relaziona al Buddhismo [1],
anche in Cina si distinguono le fotografie che nella composizione fermano
simmetrie momentanee e nel contenuto penetrano l’umanità dei soggetti
rappresentati: senza compiacenza esotica, eppure rappresentando sia gli aspetti
di modernità emergenti nella foggia del vestiario e nella gestualità, sia
quelli tradizionali.
Così nell’immagine 12 dell’ex
eunuco del Palazzo Imperiale di Beijing, in contrasto con prime manifestazioni
della riforma comunista come nell’immagine 19, intitolata “Les petits
professeurs”, ovvero bambini cui sono stati insegnati caratteri ricorrenti
della scrittura perché a loro volta li insegnino agli adulti nella campagna di
alfabetizzazione.
Colpisce l’intelligenza di queste
fotografie, nessuna delle quali perde mai l’equilibrio tra la solidarietà
evidente dell’autore col popolo ripreso, la curiosità per il diverso e il ponte
di comunanza universale tra gente appartenente a culture diverse, in un non
sensazionalismo da cui risultano con chiarezza i drammi intrecciati alle
consolazioni della vita.
[Roberto Bertoni]
[1] Henry Cartier Bresson Photographer, che contiene le immagini della mostra citata, prefazione di Yves Bonnefoy. Londra, Thames and Hudson, edizione
rivista e corretta 1992.