27/04/15

CONTEMPORARY ART IN ASIA



[Modernity recording tradition... Gwangwamun (Seoul) 2013. (Foto Rb)]


Contemporary Art in Asia. Subtitle: A Critical Reader. A cura di M. Chiu e B. Genocchio. Cambridge (USA) e Londra, Massachussets Institute of Technology, 2011


La definizione stessa di “arte asiatica” è piuttosto problematica, come risulta da vari interventi di questo libro: in parte perché ogni cultura nazionale ha una propria storia; in parte per il motivo opposto, consistente nell’internazionalizzazione dei fattori culturali e nella loro interazione su scala planetaria.

Nel proprio contributo al volume, “Imagining Asia”, Wang Hui sostiene che “historically speaking, the idea of Asia is not an Asian but a European notion”, avviata dall’Illuminismo e dal colonialismo e produttiva di idee prefissate, quali l’impero multietnico contrapposto allo Stato nazionale europeo, il dispotismo politico contrastante col costituzionalismo giuridico, il modo di produzione nomadico e rurale discordante dallo sviluppo commerciale e urbano dell’Occidente (p. 87). Wang Hui ritiene che “against the background of colonialism and imperialist wars, Asian intellectuals basically followed the East/West dichotomy to understand history” (p. 88), sviluppando però di qui una propria visione dell’Asia, come il panasianesimo di Sun Yat-sen e altre teorie che rivelano sia l’autonomia culturale moderna dei pensatori asiatici nei confronti del loro continente, sia  ambiguità e contraddizioni. Fatto sta che “any attempt to summarize the characteristics of Asia with one unitary culture will fail” (p. 103). A questa posizione fa eco quella di Gennifer Weisenfeld: “There is no typical contemporary Asian artist” (p. 371).

Tuttavia, i curatori del volume, nell’Introduzione, individuano elementi convergenti che contribuiscono a delineare un quadro d’insieme dell’arte contemporanea dell’Asia: la modernizzazione dei vari paesi, a partire da quella giapponese, in rapporto con la tradizione; la globalizzazione; i mutamenti socio-culturali anche dell’Occidente che hanno creato un rinnovato interesse per l’odierna arte asiatica, sebbene, come più oltre nel volume ribadisce David Clarke, esso sia stato promosso più da curatori di mostre e musei che da artisti occidentali (p. 154).

Geta Kapur individua le differenze tra le manifestazioni della modernità in India e in Occidente: “in India, modernity was transitional, lacked and avant-garde, and was intrinsically both high and low” (p. 5), puntando piuttosto sul rapporto tra il nazionalismo e il moderno: “nationalism calls up the category of tradition, modernism catapults into internationalism” (p. 19).

Sul rapporto tra modernità e tradizione, seppure con riguardo all’arte contemporanea cinese, intervengono anche Hou Hanru e Hans-Ulrich Orbist: la tensione tra questi due aspetti “is embodied by constant shifts of openness, claims of freedom, criticism, oppression, and resistance” (p. 143).

Secondo Weisenfeld, “artists, art historians, curators, and art critics concerned with Asian culture regularly return to a notion of ‘tradition’ –sometimes national, sometimes regional – and its ostensibly tension-filled relationship with the modern to frame their discussion of a distinctive Asian modernity” (p. 371).

Nel caso specifico della Cina, come rileva Wu Hung, la dicotomia tra globalizzazione e localizzazione si attua passando attraverso altre biforcazioni, soprattutto quella tra decontestualizzazione all’estero (che sarebbe propria della maggioranza degli approcci occidentali agli artisti cinesi) e al contrario un senso pronunciato della contestualizzazione socio-culturale nei centri di produzione, in cui anche le sperimentazioni spesso assumono un significato di rappresentazione di problematiche sociali che si perdono nella fruizione da parte di stranieri ove viene privilegiato il versante internazionale, pur esso in ogni caso esistente. La conclusione di Wu Hung è che:

“Although the domestic and global spheres of contemporary Chinese art are connected on the institutional level, either through a transnational commercial network or through government-sponsored art exhibitions, the main linkage between the two spaces […] is provided by contemporary Chinese artists themselves. They thus function not only as creators of contemporary Chinese art but also as mediators between the multiple identities of this art [… through] an artist’s personal engagement with the domestic and global spheres” (p. 406).


[Roberto Bertoni]