[Modernity recording tradition... Gwangwamun (Seoul) 2013. (Foto Rb)]
Contemporary Art in Asia. Subtitle:
A Critical Reader. A cura di M. Chiu e B. Genocchio. Cambridge (USA) e Londra,
Massachussets Institute of Technology, 2011
La definizione stessa di “arte asiatica” è piuttosto
problematica, come risulta da vari interventi di questo libro: in parte perché
ogni cultura nazionale ha una propria storia; in parte per il motivo opposto, consistente
nell’internazionalizzazione dei fattori culturali e nella loro interazione su
scala planetaria.
Nel proprio contributo al volume, “Imagining Asia”, Wang
Hui sostiene che “historically speaking, the idea of Asia is not an Asian but a
European notion”, avviata dall’Illuminismo e dal colonialismo e produttiva di idee
prefissate, quali l’impero multietnico contrapposto allo Stato nazionale europeo,
il dispotismo politico contrastante col costituzionalismo giuridico, il modo di
produzione nomadico e rurale discordante dallo sviluppo commerciale e urbano
dell’Occidente (p. 87). Wang Hui ritiene che “against the background of
colonialism and imperialist wars, Asian intellectuals basically followed the
East/West dichotomy to understand history” (p. 88), sviluppando però di qui una
propria visione dell’Asia, come il panasianesimo di Sun Yat-sen e altre teorie
che rivelano sia l’autonomia culturale moderna dei pensatori asiatici nei
confronti del loro continente, sia ambiguità
e contraddizioni. Fatto
sta che “any attempt to summarize the characteristics of Asia with one unitary
culture will fail” (p. 103). A questa posizione fa eco
quella di Gennifer Weisenfeld: “There is no typical contemporary Asian artist”
(p. 371).
Tuttavia, i curatori del volume, nell’Introduzione,
individuano elementi convergenti che contribuiscono a delineare un quadro d’insieme
dell’arte contemporanea dell’Asia: la modernizzazione dei vari paesi, a partire
da quella giapponese, in rapporto con la tradizione; la globalizzazione; i
mutamenti socio-culturali anche dell’Occidente che hanno creato un rinnovato
interesse per l’odierna arte asiatica, sebbene, come più oltre nel volume
ribadisce David Clarke, esso sia stato promosso più da curatori di mostre e
musei che da artisti occidentali (p. 154).
Geta Kapur individua le differenze tra le manifestazioni
della modernità in India e in Occidente: “in India, modernity was transitional,
lacked and avant-garde, and was intrinsically both high and low” (p. 5),
puntando piuttosto sul rapporto tra il nazionalismo e il moderno: “nationalism
calls up the category of tradition, modernism catapults into internationalism”
(p. 19).
Sul rapporto tra modernità e tradizione, seppure con
riguardo all’arte contemporanea cinese, intervengono anche Hou Hanru e
Hans-Ulrich Orbist: la tensione tra questi due aspetti “is embodied by constant
shifts of openness, claims of freedom, criticism, oppression, and resistance”
(p. 143).
Secondo
Weisenfeld, “artists, art historians, curators, and art critics concerned with
Asian culture regularly return to a notion of ‘tradition’ –sometimes national,
sometimes regional – and its ostensibly tension-filled relationship with the
modern to frame their discussion of a distinctive Asian modernity” (p. 371).
Nel caso specifico della Cina, come rileva Wu Hung, la
dicotomia tra globalizzazione e localizzazione si attua passando attraverso
altre biforcazioni, soprattutto quella tra decontestualizzazione all’estero
(che sarebbe propria della maggioranza degli approcci occidentali agli artisti
cinesi) e al contrario un senso pronunciato della contestualizzazione
socio-culturale nei centri di produzione, in cui anche le sperimentazioni
spesso assumono un significato di rappresentazione di problematiche sociali che
si perdono nella fruizione da parte di stranieri ove viene privilegiato il
versante internazionale, pur esso in ogni caso esistente. La conclusione di Wu
Hung è che:
“Although
the domestic and global spheres of contemporary Chinese art are connected on
the institutional level, either through a transnational commercial network or
through government-sponsored art exhibitions, the main linkage between the two
spaces […] is provided by contemporary Chinese artists themselves. They thus
function not only as creators of contemporary Chinese art but also as mediators
between the multiple identities of this art [… through] an artist’s personal
engagement with the domestic and global spheres” (p. 406).
[Roberto Bertoni]