15/03/15

Mehboob Khan, MOTHER INDIA


India 1957. Con Sanil Dutt, Raaj Kumar, Rajendra Kumar, Nargis


Radha, la protagonista di questo film, sposa giovanissima, è colpita dalla sventura, con lo strozzino che si appropria dei scarsi averi poco per volta e indebita la famiglia della donna; il marito che perde entrambe le braccia, schiacciate da un masso mentre dissoda un campo, e per non essere di peso si allontana da casa per sempre; un’alluvione che distrugge i raccolti; la perdita di un figlioletto; gli altri due figli che crescendo si differenziano: Ramu, equilibrato e responsabile, si sposa e conduce una vita tranquilla, mentre Birju, inasprito dalle disgrazie e vendicativo, si incanaglisce, uccide infine l’usuraio e cerca di rapire la figlia di questi, fermato dalla madre che gli spara uccidendolo.

Se lo stile è prettamente melodrammatico, sebbene intercalato a momenti di attenuazione del tragico tramite canti, danze e spunti comici, il contenuto è impegnato, anzi si tratta di uno dei film indiani di maggiore rilievo sociale e discusso da varie angolazioni critiche.

Da un lato, in relazione al titolo, oltre ad essere polemico verso il libro dallo stesso titolo, di Catherine Mayo (1927), che si opponeva all’indipendenza indiana, esso rappresenta un’allegoria tanto dell’importanza della maternità in India (per cui si è evocato il culto della dea madre [1]), quanto dell’India come repositorio di identità sociale.   

In quest’ultimo senso la forza d'animo nei confronti delle avversità, che così verghianamente si abbattono su Radha, rappresenta allegoricamente la rettitudine dell’India indipendente, la sua capacità di resistere con integrità nella mala sorte.

Similmente trasposta sulla Nazione si profila la dirittura della madre, che non cede alle lusinghe del benestante che sarebbe disposto a risolverle i problemi della vita materiale, mettendo però a repentaglio la dignità.

Una lettura psicanalitica vede un complesso edipico nei rapporti col figlio Birju. L’uccisione del figlio, tuttavia, ha motivazioni sociali: Radha sacrifica anche il bene più caro, un figlio, per difendere l’onore della ragazza, pur figlia di un suo nemico, che il ragazzo disonorerebbe rapendola.

In Radha, Chakravarty legge la raffigurazione della madre della comunità, anche sulla base di una comparazione tra Mother India e il diverso accento di Arat, un film precedente di Khan sullo stesso tema, ove si accentuava il carattere individuale della protagonista.

Stranamente, Radha ormai anziana, all’inizio e alla fine del film, è, per il prestigio acquisito negli anni nel villaggio, madrina del nuovo sistema di irrigazione, con funzione ideologica di legittimazione dell’innovazione governativa; al contempo, difende socialmente la tradizione, l’onore e la dignità, che sono certo valori etici più che nobili, ma nel caso specifico, secondo letture di genere del film, anche la riconferma del ruolo femminile arcaico.


[Roberto Bertoni]




[1] Sumita S. Chakravarty, National Identity in Indian Popular Cinema 1947-1987, University of Texas Press, 1993, p. 152.