[Ink (2012). Foto Rb]
Umberto Eco, Numero zero. Milano, Bompiani, 2015 (Edizione Kindle)
Il
romanzo immagina la redazione di un quotidiano italiano che, nel 1992, crea dei
numeri zero di cui fin dall’inizio non si prevede la continuazione e destinati,
paradossalmente, a raccontare quello che accadrà, retrodatandoli, invece di esprimere
quel che è accaduto in precedenza.
Il
concetto base, critico verso il giornalismo deteriore, è che “non sono le
notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie”.
Il responsabile
di redazione, Braggadocio, cognome allegorico per chi esprime vanterie, ha sue
teorie sulle trame della strategia della tensione, fondamentalmente, a suo
parere, riconducibili a una presunta non morte di Mussolini e alle manovre
fasciste e degli apparati in relazione a questo avvenimento inventato.
Il
narratore in prima persona si definisce un “perdente”, col vantaggio che “i
perdenti, come gli autodidatti, hanno sempre conoscenze più vaste dei
vincenti”. La collega con cui ha una storia è similmente emarginata e
impacciata. Nondimeno, nella normalità senza gloria, questi due personaggi sopravvivono. Invece, in relazione
alle idee bizzarre di Braggadocio, si dipana una vicenda di ulteriori trame sotterranee
che conducono all’omicidio del medesimo, “accoltellato perché stava per rivelare
delle cose. Ancora adesso non so se fossero vere e quali se le fosse inventate lui,
ma è certo che, se la sua inchiesta riguardava cento faccende, su almeno una ci
aveva azzeccato, e a causa di questo è stato messo a tacere”.
Eco spiega
così le proprie intenzioni:
“Ho
scelto una data, il 1992, attorno alla quale si svolgono alcuni eventi della
politica italiana. Il romanzo va anche indietro, sino alla fine del fascismo, e
abbraccia così un pezzo significativo della storia italiana del Novecento. Però
non è che volessi fare un surrogato manualistico. Tanto è vero che gli eventi
li ho messi in bocca a un personaggio paranoico. E a questo punto mi è successa
una cosa abbastanza curiosa. Sapevo perfettamente che tutto quello che racconta
Braggadocio, il paranoico al quale alludevo, è vero. Sono veri i fatti di
piazza Fontana e piazza della Loggia, è vero tutto quello che è accaduto tra
gli anni Sessanta e il 1992. […] In questo Paese sono successe le cose più
incredibili: attentati, tentativi di colpi di Stato, avvelenamenti. E la cosa
più sorprendente è che la gente ha lasciato che tutto questo accadesse come se
niente fosse. Tutto sembra confluire sul 1992, dopo di che sarebbe iniziato il
ventennio del grande sonno” [1].
Si tratta
di un romanzo piuttosto didattico, in cui l’autore compare con divagazioni erudite,
citazionismo esagerato e battute non sempre spiritose. Comunque un tentativo di
scrivere una storia in qualche modo impegnata, diciamo così.
[Roberto
Bertoni]
[1] A. Gnoli, “Dialogo.L’Italia, la stampa, verità e bugie” (Intervista con Umberto Eco ed Eugenio Scalfari),
Il mio libro.it, 9-1-2015.