25/10/12

Amélie Nothomb, STUPEUR ET TREMBLEMENTS





[Passeggio serale a Osaka, 2012 (Foto Rb)]


Parigi, Albin Michel, 1999


Si tratta di una storia autobiografica, che narra l’esperienza lavorativa, svolta nel 1990, presso una grande ditta giapponese dalla quale l’autrice era stata assunta in qualità di interprete in virtù del bilinguismo francese-nipponico (è nata in Giappone da padre diplomatico e ha vissuto una parte dell’infanzia nella regione del Kansai).

Nella narrazione, in prima persona, i rapporti con la direzione e i colleghi si rivelano problematici per differenze culturali pronunciate, scarto tra i codici di comportamento della protagonista e degli altri impiegati, nonché una disposizione gerarchica dei ruoli che impone un’ardua sottomissione ai superiori. Costretta a mansioni sempre più modeste e a subire ordini che le risultano irrazionali e ingiusti, riesce nondimeno, per orgoglio, a completare l’anno di contratto, licenziandosi infine prima di essere cacciata.

Il tono è ironico nella rappresentazione dell’io, sarcastico nella raffigurazione dei manager, polemico nella presentazione della vita femminile, disperato al fondo non solo per la difficoltà psicologica, ma per la delusione personale, lei che voleva essere giapponese recuperando quell’aspetto dell’identità originaria, mentre invece è costretta a ricredersi e a modificarsi ricostruendosi in altre direzioni. In un’intervista del 1999 Nothomb dichiarava che il rapporto della protagonista col personaggio di Mori, nelle sue ambiguità e contraddizioni di “fascino e incomprensione”, allegorizza la relazione della scrittrice col Giappone [2]. Se fino a quel punto, sul piano dell’identità, Nothomb si era sentita giapponese, l’esperienza lavorativa la distacca da questa ipotesi e sollecita diverse modalità d’integrazione del Giappone espresse in varie interviste; nasce inoltre a questo stadio il passaggio alla scrittura come professione; nonché altri aspetti autobiografici, di diversa impostazione rispetto a quelli del campo lavorativo, rifluiranno nel romanzo NI D’EVE NI D’ADAM [3], in cui si staglia la storia d’amore tra la protagonista, ancora una volta autobiografica, e il giapponese Rinri.

STUPEUR ET TREMBLEMENTS non è, stando a Hiroko Strulovici, un racconto definibile propriamente come umoristico, perché gli avvenimenti narrati sono effettivamente accaduti e i luoghi corrispondono a quelli reali: “Il decrit l’expérience réelle de l’auteur qui est terriblement choquante et cruèlle. La trame est constituée d’evénéments, de personnages et de lieux réels”, anche se “Nothomb s’amuse à etablir des contrastes entre ce monde réel et ses idèes libres, uniques et souvent étonnantes” [4].

Tra i vari elementi indicati da Strulovici nella disamina del Giappone in STUPEUR ET TREMBLEMENTS, e in contrasto con la mentalità occidentale, ci sono l’impotenza della parola a risolvere i conflitti con l’idea che una discussione franca possa aggravarli anziché chiarirli; la supremazia dell’impresa sull’individualità e la forza del potere; la rassegnazione vissuta come sentimento positivo.

Contraddittorio, spiega infine Strulovici, è il sentimento giapponese verso l’Occidente: al contempo di rispetto per alcuni aspetti e di diffidenza per altri aspetti: anch’esso ben presente nel romanzo della scrittrice belga.

Nonostante il contenuto polemico, Nothomb assorbe però elementi stilistici e filosofici di origine nipponica (quali il senso del vuoto mutuato dal Buddhsmo Zen, la precarietà dei momenti felici, il rapporto con la morte).

Vincitore del premio Grand Prix du Roman de L’Académie Française nel 2003, ne è stato tratto un film, diretto da Alain Corneau, di cui Nothomb dà una valutazione positiva, dichiarando che la pellicola va al di là della fedeltà al testo scritto, è anzi “magique” e “somiglia ancor più a ciò che ho vissuto del mio racconto stesso” [1].


NOTE


[2] Cit. in H. Strulovici, AMÉLIE NOTHOMB ET LE JAPON, Master’s Thesis, San Jose State University, 2006, p. 12.

[3] Parigi, Albin Michel, 2007.

[4] H. Strulovici, cit., p. 69.


[Roberto Bertoni]