Autori: Giuseppe Benvegnù-Pasini, Maria Bezze, Walter Nanni, Vittorio Nozza, Tiziano Vecchiato. Bologna, Il Mulino, 2011
Il RAPPORTO insiste, correttamente, non solo sui dati della povertà del
2011, aumentati rispetto agli anni precedenti, ma anche sul fatto, correlato ed
egualmente importante, che la povertà significa deprivazione di diritti costituzionali
e civili in generale.
La Costituzione riconosce l’uguaglianza, ma gli squilibri sono tali, che “resta
da domandarci se e in che senso si possa parlare di uguaglianza sociale” (p.
21).
Oltre che di differenze economiche, fatto grave ma evidente guardando alle
cifre e alle statistiche che dimostrano quanto il gap tra ricchi e poveri si sia allargato, si tratta di “disagio e
umiliazione” in cui versano le famiglie, da rinunce di minore entità come gli
oggetti che differenziano lo status, per
esempio il modello più o meno costoso di zainetto per i figli a scuola, a
negazioni di portata ampia quali la necessità di non poter consentire, per
ragioni economiche, l’accesso dei figli all’università.
Tra gli altri diritti negati c’è il diritto al lavoro, dichiarato nella
Costituzione dall’articolo 4. Il numero di persone tra i 15 e i 64 anni con lavoro
regolarmente retribuito è circa 22.900.000, pari al 56,9% degli italiani: “la
percentuale è tra le più basse dell’Occidente” (p. 25). È aumentata la
disoccupazione in tutte le categorie e soprattutto tra precari, giovani (sotto
i 25 anni non gode di occupazione circa il 30%, ma nel Meridione il 50%) e
immigrati.
L’incidenza di questo e degli altri utili dati forniti dal RAPPORTO è anche
su altri diritti: il diritto alla salute; il diritto all’abitare; il diritto
all’istruzione.
Vanno infine considerate anche le recrudescenze delle forme di
vulnerabilità provocate dalla povertà. Tra queste, prendendo come esempio i
giovani, le “migrazioni forzate”, la “difficoltà di aggregazione sociale”, la
difficoltà di articolare “capacità di progettare il proprio futuro” (pp.
259-60), che pone la vita dei giovani, come osserva Mario Pollo, nell’àmbito di
“un susseguirsi di presenti” (p. 262), privandoli delle speranze e della
tensione verso il poi che dovrebbero invece caratterizzare questo gruppo di
età.
[Roberto Bertoni]