Sottotitolo: Indagini sulla cultura della nostra epoca. Roma-Bari, Laterza, 2011
Il presupposto dell’autrice di questo volume è che stiamo vivendo una fase nuova e catastrofica della storia mondiale, in cui è tra le possibilità prevedibili la scomparsa stessa della specie umana per ragioni leopardianamente legate ai conflitti, all’ecologia, all’irresponsabilità.
Da ciò viene dedotta una necessità, anche per la letteratura, di modificarsi, di rigenerarsi:
“Se le umane lettere non vogliono diventare una mera astrazione consolatoria e alimentare uno spaventoso desiderio di obnubilamento, devono uscire dalla dimensione chiusa, antropocentrica, culturalista costruita dalle strutture di pensiero della modernità. Le ‘lettere’ dovrebbero in altre parole farsi più disumane, mettendo dentro alla propria prospettiva anche ciò che non è per l’uomo” (p. 14).
Si individua su queste basi una serie di attriti tra “forze amputanti e rigeneranti” (p. 19), tramite un’articolazione del discorso in capitoli, “in tutto sette, ciascuno governato da un’opposizione: mondo a sfondo chiuso / mondo a sfondo aperto, apocalisse / emergenza, necessità storica / contingenza, morte / nascita, collettivo / singolare, quantità / qualità, orizzontale / verticale” (p. 20).
Questa premessa è interessante e coglie un fatto reale, indicando un impegno verso un mutamento di mentalità.
Ci pare però che, nello svolgimento dell’analisi, cioè nel corso del libro, le intenzioni iniziali non si concretizzino con precisione, restando piuttosto un’aspirazione che la realizzazione di un programma.
Vengono nondimeno rivalutati autori che rispondono a quelle intenzioni dichiarate, soprattutto Gadda. Si deprecano “certi romanzi contemporanei” che “sembrano chiudere il mondo dentro a un cubo di cemento” (p. 23). Giudicato positivamente Saviano. Tra altri autori recenti, sempre in positivo, Moresco, Scurati, Baiani e Mari (p. 67).
[Roberto Bertoni]