25/03/12

Ch’oe In-ho, UNE NUIT BLEUE ET PROFONDE

Titolo originale: 깊고 푸른 밤 (KIPGO PURUN PAM), 1982. Ed. francese Arles, Actes Sud, 1992; traduzione dal coreano in francese e postfazione di Rogee Leverrier


Questo racconto si profila come la rivelazione di un’alienazione da sé e dal paese natale che si manifesta progressivamente, nel corso di un viaggio in auto e ritorno tra Los Angeles e San Francisco, partendo da comportamenti apparentemente d’infrazione delle norme conformiste (una sbronza colossale all’inizio, una rissa) e da un’“insensibilité totale” (p. 52), per trasformarsi in consapevolezza dell’inconsistenza dell’esilio volonatario e dell’aver lasciato la Corea per gli Stati Uniti, paese che, raggiunto, non fornisce le emozioni e le remunerazioni intellettuali che giustificherebbero una presenza prolungata:

“Il était venu là pour ne rien voir: il n’était ni plus ni moins qu’un aveugle. Ce voyage aux Etats-Units était un voyage en un lieu d’exil qu’il avait choisi lui-même. Les prodiges de la civilisation, l’immensité des paysages de l’Amérique n’avaient éveillé en lui aucune crainte, ni aucun sentiment d’infériorité” (p. 53).

L’ira del protagonista, speculare al disattamento dell’amico che lo accompagna, costituisce la reazione sintomatica del disadattamento; e cade nel momento in cui, col finale della storia, si determina il progetto d’azione conseguente alla coscienza raggiunta:

“Il n’avait plus de raison de concevoir de la rancune, ni de la haine, ni de l’hostilité, ni aucun sentiment. Il posa ses lèvres sur la surface dure du rocher et implora le pardon de tous le vanqueurs qui l’avaient améné a capituler, et il décida que, désormais, il lui fallait rentrer en Corée.Il était si épuisé qu’il désirait que quelqu’n, n’importe qui, le console” (p. 88).

Orientato come un resoconto alla Kerouac, o comunque di una generazione affetta, si direbbe, da modelli americaneggianti che invece non riesce a portare avanti in modo conseguente, riconducendo per questo lo sguardo interiore verso la perdita che ogni esilio volontario implica, ma implicitamente, pur nell’assenza desolata di retorica, rivalutando il mondo precedente alla partenza, come territorio e come valori dissipati (la moglie lasciata a casa, la difficoltà d’inserimento degli USA).


[Roberto Bertoni]