17/02/12

Pearl S. Buck, LA FAMIGLIA DISPERSA


[Portrait (From the windows of Paris). Foto Rb]


Titolo originale A HOUSE DIVIDED, 1935. Traduzione di A. Damiano. Milano, Mondadori, 1942

LA FAMIGLIA DISPERSA è l’ultimo romanzo della trilogia che comprende anche LA BUONA TERRA e FIGLI, due volumi di cui si è parlato sul numero scorso di “Carte allineate” [1]. Nell’atto conclusivo della saga, il motivo principale è la rottura con la tradizione, accompagnata dagli sconvolgimenti sociali della Cina immediatamente prerivoluzionaria.

Come nelle due storie precedenti, pur nell’affresco di numerosi personaggi le cui biografie si intrecciano per legami familiari, di amicizia, di amore, c’è un protagonista principale, che in questo caso è “Wang Yuan, figlio di Wang La Tigre”, come annuncia la prima riga del libro, entrando subito in argomento, quasi in un incipit teatrale, con un riferimento metaletterario, insito nella parola “entrare”, anch’essa di estrazione drammatica: “Ecco come […] entrò per la prima volta in vita sua nella casupola del nonno Wang Lung” (p. 7). Con ciò si fornisce inoltre un riferimento sia al secondo che al primo episodio. La scrittura di Buck ha in verità tale capacità di sintesi come pure di scorrevolezza, che sortisce l’effetto nel lettore di seguire senza fatica un meccanismo narrativo raffinato quanto intricato.

La vicenda base è quella del rifiuto della tradizione. Yuan respinge la vita militare del padre, deponendo, almeno per un certo periodo, la divisa nazionalista per non combattere contro di lui. Al contempo si oppone al matrimonio combinato, andandosene di casa e rifugiandosi presso la seconda moglie di Wang La Tigre in una città costiera in cui i costumi sono più occidentalizzati.

Accolto dalla seconda madre con ospitalità, si relaziona con facilità alla sorellastra, che rappresenta la conversione alla mentalità europeggiante, appassionata di ballo, fidanzatasi e sposatasi infine, per essere in attesa di un figlio, rotto il tabù prematrimoniale, con un poeta un che scapestrato. Se questo comportamento viene indicato, da vari indizi del testo, come finanche esagerato nella sua radicalità, ad esso si oppone, da un lato l’ossificazione sul passato del padre di Yuan, dall’altro la fuga in avanti del cugino militante comunista.

Aderendo alle ideologie di sinistra, Yuan, arrestato, è costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti, da cui torna rovinato economicamente (la famiglia ha dovuto indebitarsi a insaputa di lui per mantenerlo all’estero e salvargli la vita). Riesce a riconciliarsi col padre in fin di vita. Incontra l’amore impersonato da Mei-ling, figlia adottiva della seconda madre.

L’ultima scena è quella in cui i due giovani innamorati, mentre commemorano Wang La Tigre deceduto, decidono di unire i loro destini. Simbolicamente dalla morte del vecchio mondo nasce il nuovo, rappresentato dalla Cina che avanza verso il mutamento radicale. Yuan e Mei-Ling rappresentano un futuro di equilibrio, in cui le attività dei campi da lui predilette vengono rivalutate assieme all’altruismo di lei che studia da medico e vuole fondare un ospedale. La Cina che emergerà sarà dunque animata da sentimenti di solidarietà e utilità sociale.

Le posizioni politiche vengono rappresentate nella loro diversità da vari personaggi. L’ambiente cinese è sempre reso con etnologia competente. Va dato atto a Buck che, pur opposta al comunismo, ne rappresenta con obiettività senza distorsioni grottesche in questo romanzo la forza dirompente e la necessità storica in un paese dilaniato dalla povertà e oppresso dalla tradizione.


NOTE

[1] Pearl S. BUCK, LA BUONA TERRA e FIGLI. "Carte allineate", 9-1-2012.


[Roberto Bertoni]