1.
MATERNALE
mi sono coperta di sabbia
 in empatia con l’isola che dorme 
davanti a me:  una donna-scoglio   
 la fronte alta contro le nebulose
la gola piena come in largo respiro
sazia del suo ventre in attesa
mi sono coperta di sabbia
a mimare il suo profilo
entrare nel suo tempo 
- nove mesi come millenni -
ho atteso un battito  un segno
( quel falco improvviso su di noi     le sue frasi 
in altissimi cerchi )
mi scrollo via la sabbia
cammino sulla riva
in questa luce augurale che apre
la coincidenza dei tempi
una sposa venirmi incontro    
sorridermi     con il suo lasciapassare dal mito 
 la manocarezza  sul ventre 
come fossi sua madre le chiedo 
il tempo del parto
Sardegna,  Portu Tramatzu
2.
UNA FOGLIARESPONSO SEGNATA DI TEMPESTA
un fiume irresoluto che trema nei meandri
riconosco gli scarti premonitori
la mano di bronzo che affiora
a trascinarmi al fondo
emergo un’estate, a Malta
insieme a sorelleamiche calpestando
tracce di un tempio dal profilo-femmina
arcaiche voci e nuove colmano
le mie giare di grano di balsamo 
sentirne la cura
il nastro di pace sulla fronte
Malta, Tempio di Tarxien [2]
3.
SOLUZIONI
occorre così poco 
a erigere un santuario
mirto lentisco vento
rocce che guardano dall’alto
la pianura dei vivi      lontano il mare
occorre così poco per entrare
nella spiraleterna che rigenera
lasciarsi adagiare contro il cielo
al purissimo rito degli uccelli
poi le ossa lente fondersi
in deità di pietra 
(denti di lupo incisi a far da guardia)
occorre così poco a conquistare
il rango di dea custode 
tenere fermo lo sguardoincanto 
sui figli - ancora oggi in affanno -
lasciati al paese, in basso
                              là verso la riva 
Sardegna, Necropoli di Montessu
NOTE 
[1] Testi tratti da: A. Ferramosca, SEZIONE II (CURVE SARANNO LE CITTÀ) di CANTI DELLA PROSSIMITÀ, in LA POESIA ANIMA MUNDI, a cura di G. Lucini, Novi Ligure, Puntoacapo, 2010.
[2] “Alcuni templi di Malta, come quello di Tarxien (quarto e terzo millennio a.C.), presentano quattro o cinque proiezioni semicircolari che partono dalla sala principale, creando un disegno architettonico che imita il corpo della dea madre” (M. Gimbutas, LE DEE VIVENTI, Milano, Medusa, 2005)
