15/12/11

Jean-Claude Guillebaud, LE COMMENCEMENT D’UN MONDE. VERS UNE MODERNITÉ MÉTISSE

Paris, Seuil, 2008

Come in altri testi che si occupano dell’ibridismo contemporaneo, anche nel volume di Guillebaud si sostiene, e da parte nostra sottoscriviamo, che il multiculturalismo, la pluralità dei comportamenti e delle identità e il mescolarsi delle ascendenze etniche e culturali sono caratteristiche della configurazione attuale della modernità, il che spinge non verso la difesa delle piccole patrie e la chiusura nella xenofobia, con episodi di intolleranza e di razzismo quali quelli cui si è assistito negli ultimi anni anche in Italia, ma al contrario in direzione della tolleranza allargata, anzi di una ricostituzione identitaria autenticamente cosmopolita, che eviti, in verità combatta, forme di neoesotismo e di neocolonalismo. “Que nous le voulions ou non, nous serons pluriels et métis […]. Il va s’agir […] de s’ouvrir à la difference sans renier pur autant ce que nous, Occidentaux, nous sommes et ce que nous croyons encore” (p. 13).

Contestando l’idea di Hutchinson dello scontro tra civiltà, cui oppone la nozione di dialogo (p. 47), inoltre condannando senza mezze misure il portato del colonialismo, da giudicarsi negativo contro il rilancio della tesi in malafede del “contributo di civiltà” (p. 50), e richiamandosi per contrasto alla concezione di Braudel delle fluidità evolutive delle culture umane, sottoposte a scambi reciproci da sempre, Guillebaud vede il mondo contemporaneo come interazione su scala planetaria.

L’egemonia dell’Occidente, che sul piano ideologico ha significato un conglomerato di concetti relativi a democrazia, scienza, tecnica, dominio diretto e indiretto sugli altri paesi, perdurato per secoli, è infine entrata in crisi, spostando i centri di riflessione e di sviluppo verso altre destinazioni mentali e concrete, che coesistono con quella euro-statunitense, competendo e integrandosi.

Eclatante il ruolo delle realtà asiatiche, cui succede, oltre ai processi avvenuti di assorbimento dell’Occidente (scienza, tecnologie, consumismo, modelli politici), un’esportazione di concezioni orientali, che vengono variamente recepite e interiorizzate nell’Ovest del mondo con atteggiamenti che variano da simpatie orientaliste e paternaliste, a un confronto produttivo e alla pari come si nota in casi quali quelli delle religioni (Induismo e Buddhismo esportati e ricostituiti su nuovi meccanismi in paesi di tradizioni diverse dalle convinzioni originarie) e in campi dell’economia, delle arti e così via.

Il “grand récit” occidentale (p. 175) viene messo in discussione e relativizzato dalle teorie postcoloniali; e l’auspicio è che tale demistificazione conduca a “une sagesse véritable. Le but ultime ne serait pas de rejeter l’humanisme européen mais de le refonder tout en l’enrichissant” (p. 203). Nell’inevitabile “meticciato” della situazione del mondo di oggi.

[Roberto Bertoni]