17/12/11

Gong Ji Young, HUMAN DECENCY

HUMAN DECENCY e DREAMS usciti in lingua originale nel 1993. Traduzione dal coreano in inglese di Bruce e Ju Chan Fulton, Kim Miza e Suzanne Crowder Han. Seoul, Korea Literature Translation Institute, 2006.

Nata del 1963, l'autrice sud-coreana Gong Ji Young ha partecipato in posizione impegnata ai movimenti studenteschi e popolari degli anni Ottanta, che videro, più sanguinoso e difficile di altri, l'episodio di Gwuanju, in cui l'allora dittatura militare soppresse nel sangue una rivolta nel 1980, dando origine a una protesta che, accanto alle trasformazioni istituzionali del paese, infine condusse alla democratizzazione a partire dal 1987, ma con difficoltà ulteriori negli anni seguenti, sul piano di varie problematiche e negatività che la scrittrice ha denunciato sia nell’attività di narratrice che in quella di sceneggiatrice cinematografica.

Tra le tre storie tradotte in questo volume, quella che gli dà il titolo ha per protagonista una donna, Yi Minja, che pare rappresentare coerenza e al contempo rottura rispetto al periodo delle proteste. Di classe media, dopo aver partecipato ai movimento, ora, negli anni Novanta, la protagonista ha accettato un lavoro presso una rivista femminile.

Il racconto si svolge lungo due binari che simbolizzano opposte direzioni di vita e di società. Minja deve infatti decidere se intervistare per il numero del mese un ex partecipante alle rivolte uscito dal carcere, oppure un'autrice di libri di viaggi e di metodi di meditazione new age, come se si divaricassero il rapporto col passato doloroso e di responsabilità politica e quello col presente delle neomodernità. Frattanto si dipanano momenti di confronto con ex compagni di lotta e colleghi di adesso.

Narrato in prima persona, introspettivo, il racconto rende proprio attraverso la voce personalizzata il tormento interiore dei periodi di disillusione postrivoluzionaria, il disagio con cui viene vissuta la rinormalizzazzione dopo le eccezionalità, infine la prospettiva della fedeltà a se stessi.

Il titolo è motivato dalla frase con cui, alla fine, la giornalista decide di iniziare l'articolo sul ribelle scarcerato: "here is a man who in his response to our times, our history, and our very humanity has never lost his sense of decency" (p. 60).

Nel secondo racconto, ancora orientato sul presente in relazione al passato recente, un personaggio sopravvissuto al massacro di Gwangju è rimasto disorientato dall'emigrazione forzata negli USA, luogo mentale e condizione di esilio in cui le chiarezze democratiche e anticapitaliste del periodo coreano si trasformano:

"It was very strange. [...] In the Korea of the early eighties, I believed there were things that dictators and others like them could never take away from me, however much they persecuted me - things such as my thoughts, my imaginings, my dreams. But after about six months in America, I was having thoughts, imagining things, dreaming dreams that were totally new. Political oppression had affected me after all, and that revelation scared me" (p. l66).

Il compito che si assegna Gong Ji Young in questi racconti è, come dichiara il personaggio che dice io in DREAMS, di esprimere le situazioni della "generazione di Gwangju" (p. 104): "I set myself the task of writing about the nightmares of my generation: about how the memories of our time - a time full of killing and despair - were still so vivid that they were controlling our dreams" (p. 107).

[Roberto Bertoni]