07/11/11

POSTMODERNO VS. REALISMO, O PROGRESSISMO VS. REAZIONE?

Il blog di Gianni Vattimo [1] fornisce un utile resoconto del dibattito in corso a partire da agosto sulla stampa italiana e su Internet, relativo al postomoderno in opposizione al cosiddetto "new realism".

Su quest'ultima posizione si é pronunciato Maurizio Ferraris, mentre a difesa del pensiero debole in chiave postmoderna è accorso Vattimo, entrambi seguiti da altri numerosi interlocutori.

Sul piatto della bilancia stanno la rivendicazione che la realtà esiste in dimensione oggettiva, basata su fatti innegabili, da un lato; e dall'altro la convinzione che la verità è relativa e la realtà non esiste di per sé, ma piuttosto dipende dalle interpretazioni che se ne forniscono.

Questo dibattito filosofico si svolge fin dai tempi antichi, possiamo facilmente risalire a Platone; né, per correre di un balzo ai secoli ventesimo e ventunesimo, è affatto estraneo alla discussione culturale del moderno: Wittgenstein e Lenin, realismo e avanguardie letterarie, ecc.

Si tratta evidentemente di versioni diverse del mondo, o, per essere più specifici, di come funziona il mondo. Non siamo in grado di intervenerire con una posizione approfondita, che forse solo un fisico-filosofo potrebbe elaborare.

A noi pare, a un livello di buon senso, che i momenti di realtà e di apparente irrealtà coesistano. L'universo artificiale dei mass media e la realtà virtuale di Internet ne sono un esempio.

Ogni estremizzazione, tuttavia, ci lascia perplessi, come quando Baudrillard sosteneva che la guerra del Golfo non era avvenuta veramente, ma era una manifestazione della virtualità pura; e noi ci domandavamo se i morti e le bombe sugli ospedali erano semplice illusione.

Nel campo umanistico, i fatti, logicamente, esistono ed è compito di chi se ne occupa accertarli. Ci sono fenomeni enormi per tragicità, come l'Olocausto, che una mentalità storica reazionaria di pura interpretazione soggettiva è arrivata a negare erroneamente e irresponsabilmente.

Ciò non significa che le interpretazioni siano secondarie. Il loro gioco molteplice fa parte della contemporaneità e va visto come un aspetto del mondo in cui viviamo.

Coi tempi che corrono, di elevata disoccupazione che immobilizza le energie giovani delle società, dissesto ambientale che provoca il disastro su scala planetaria, guerre persistenti, miriadi di persone sul filo della sopravvivenza per non parlare di chi si trova anche al di sotto di quella soglia, pensare che i fatti non siano oggettivi non ha senso; ma sarebbe letale, per la democrazia intellettuale, che si ignorassero al contempo le interpretazioni, il pluralismo necessario delle idee.

Ci hanno interessato le affermazioni di Ferraris e di Vattimo, due pensatori progressisti, tra l'altro.

Eppure ci pare che il dibattito tra "new realism" e "pensiero debole", oggi, con lo scopo di stabilire se abbia ragione l'uno o l'altro, non abbia fondamenta solide.

Maggiore significato, per noi, avrebbe definire in quale chiave può fondarsi un pensiero progressista che sappia servirsi delle varianti del realismo e del pensiero debole per vincere egemonicamente sulle varianti reazionarie di entrambi (da Fukuyama a Berlusconi).


NOTA

[1] Elenco di articoli su postmoderno e "new realism"

[Roberto Bertoni]