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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
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ISSN 2009-7123
25/04/10
Alejandro Amenábar, AGORÀ
["That mask was looking at us impassively" (From the walls of Dublin). Foto di Marzia Poerio]
Alejandro Amenábar, AGORÀ. 2010. Sceneggiatura di Alejandro Amenábar e Matéo Gil. Con Oscar Isaac, Ashraf Barhom, Michael Lonsdale, Max Minghella, Rachel Weisz
"Il fanatismo le ha cambiato il volto, la deforma in tutte le ossa", dice un personaggio, Gregorio, a proposito della città di Alessandria del quarto secolo nel testo teatrale LIBRO DI IPAZIA di Mario Luzi [LI, p. 50] [1]. Sono state dimenticate la poesia e la filosofia; e il potere predomina coi giochi politici e il fanatismo che, "infido, travolge chi vi si affida / non meno di chi vi si scontra" [LI, p. 54]. In questo contesto, "le cose che ci accadono intorno / sono spesso grandi e terribili: / Quando gli eventi ci sovrastano / ogni nostro piccolo gesto appare inadeguato e vano" [LI, p. 52].
Riconosciuto dagli editti imperiali il cristianesimo come religione di stato, si determina una situazione di conflitto tra la comunità cristiana e quella pagana, che sfocia in una serie di avvenimenti cruenti, tra i quali la lapidazione di Ipazia, intellettuale che difende la filosofia ellenica e "imperversa, provoca con la sua foga l'ira di molti" [LI, p. 65].
Luzi delinea, tramite le parole di Gregorio, la situazione conflittuale che si determina ad Alessandria: "Gli idolatri alzano la testa e credono nella riscossa; / i patrizi, i mercanti del porto fiutano un vento di rivincita; / i cristiani provocati attizzano i proponimenti di vendetta e distruzione" [LI, p. 67].
Ipazia rappresenta un pericolo per il cristianesimo trionfante proprio perché, rivalutando la tradizione filosofica pagana, si oppone ai nuovi poteri costituiti. Combattiva, l'Ipazia di Luzi crede nella "forza redentrice della nostra voce di scienza e di ragione" [LI, p. 74].
Se nell'opera di Luzi la figura di Ipazia domina con la propria presenza culturale e di testimonianza, ella resta stranamente assente in quanto personaggio recitante, anzi appare direttamente solo in una scena, peraltro decisiva; e il dialogo si svolge soprattutto tra i rappresentanti della chiesa e dell'Impero e il discepolo di Ipazia, Sinesio, sui destini del tempo e delle esistenze.
Ipazia è così significativa, eppure resta in larga misura un’astrazione, dato che di lei, storicamente, non si sa più di tanto. Le testimonianze ne rivelano alcune posizioni culturali e la morte tragica.
Amenábar, nel film AGORÀ, che ha per tema la storia di Ipazia, rende Alessandria concreta con un'interessante ricostruzione architettonica, utilizzando gli strumenti virtuali quanto quelli classici e cercando un'autenticità delle proporzioni degli edifici e dei movimenti delle persone al loro interno. Attualizza il senso dello spazio, unendo il microcosmo al macrocosmo con riprese che salgono dalla terra agli strati soprastanti, il che, oltre a essere un'allusione allo sguardo astronomico di Ipazia, suggerisce una lente temporale, un movimento dal passato all'oggi, forse.
Nel film, Ipazia insegna soprattutto astronomia e difende la libertà di pensiero, la tolleranza, una visione pacifista dei rapporti con gli antagonisti e l'indipendenza femminile. Sul piano personale si contendono il suo affetto, da cui resta equanimamente schiva, lo schiavo Davo, che ella libera e che si unisce ai cristiani (finirà col soffocarla perchè non venga lapidata da viva) e il prefetto e allievo Oreste, che si converte al cristianesimo solo per opportunità politica, ma non è in grado di salvare Ipazia dalla morte per mano dei parabolanti, setta fanatica di monaci. L'incendio dei libri (del Serapeo come sarebbe più storicamente attendibile? O della Biblioteca vera e propria, che però sarebbe avvenuto secoli prima?) è qui a opera della setta che combatte anche gli ebrei e giustizia sommariamente Ipazia, la quale incarna un simbolo di libertà culturale e di razionalità.
Le allusioni a problemi contemporanei di conflitti interreligiosi sembrano piuttosto patenti. C'è una tendenza a rovesciare gli stereotipi (mostrando, insomma, "di che lacrime grondi e di che sangue" l'ufficialità del potere). Cirillo (santificato e dottore della Chiesa nella realtà storica) è qui il leader dei fanatici.
Se per gli esterni e le architetture, cui si accennava sopra, AGORÀ ha un versante modernizzante (ma fortunatamente non spettacolare in senso deteriore come in alcune ricostruzioni recenti dell'antico), è al contempo piuttosto teatrale per i testi delle parti dialogate e le posture dei corpi degli attori in tali situazioni; frattanto, però, la dinamica delle sommosse ha un'iniziativa propriamente cinematografica.
Diciamo che è un film da vedere.
Che giudizio ne diamo? Ben costruito, ipotizza sui vuoti della biografia di Ipazia; e, se situa gli ambienti in una dimensione credibilmente antica, non segue una storicità troppo scrupolosa nei concetti e nei comportamenti; piuttosto, anzi, questa dimensione è attualizzante; eppure costringe a pensare e a discutere, magari per dissentire oltre che per concordare.
[Renato Persòli]
NOTE
[1] Milano, Rizzoli, 1078, abbreviato in LI.