13/10/08

C.G. Jung, CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA PSICOLOGIA DEL SOGNO


["I dreamt I was a shadow on the railway track". Foto di Marzia Poerio]


C.G. Jung, CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA PSICOLOGIA DEL SOGNO. Prima formulazione 1916, rivisto nel 1928 e in versione definitiva nel 1948, infine in DIE DYAMIK DES UNBEWUSSTEN (1967). Trad. it. in OPERE, vol. 8: LA DINAMICA DELL’INCONSCIO (1976), Torino, Bollati Boringhieri, 2004

In consonanza con Maeder e Silberer, per Jung il sogno è “una rappresentazione simbolica di un contenuto inconscio” (p. 282); “trasmette […] in linguaggio metaforico […] tendenze che, a causa della rimozione o per semplice ignoranza, erano inconsce”(p. 267).

C'è una presa di distanza dalla lettura freudiana del soddisfacimento del desiderio e della rappresentazione sotto altre spoglie di simbologie sessuali, interpretazioni che, valide in alcuni casi, paiono a Jung limitate se intese come chiave generale.

A parere dell’analista svizzero, una duplice angolazione, causale e finalistica, va adottata nella spiegazione di ogni fenomeno psicologico. Nel caso del materiale onirico, la delucidazione causale è solo parziale, mentre quella finalistica sembra essere preferibile. Se l’interpretazione causale freudiana attribuisce significati univoci al simbolismo dei sogno, nella visione finalistica i significati sono multipli e variano a seconda dell’evoluzione del soggetto anche quando emergano materiali iconici ripetuti come gli archetipi.

I sogni finalisticamente hanno varie funzioni: in certi casi quella “compensatrice” di “bilanciamento psicologico” di quanto nella veglia è stato ignorato, poco considerato o inteso dalla parte consapevole tenendo poco conto dell’inconscio; in altri casi una “funzione prospettica” (p. 273), ovvero l’anticipazione di azioni future consce in forma ancora solo abbozzata e generico, quasi l’inconscio sapesse prima della consapevolezza quello che accadrà; talora una funzione “riduttiva” (p. 278), ovvero una compensazione in senso negativo; talaltra una funzione di “reazione” (ibidem) nel caso di traumi subiti come uno shock o un’esperienza di guerra; persino un aspetto in certi casi telepatico (p. 280).

Nel sogno, come in altri momenti della vita inconscia, si attuano “proiezioni”: “una persona che io percepisca principalmente attraverso la mia proiezione è una imago o un portatore di imago o di simbolo” (p. 283), talora derivata da proprietà dell’oggetto su cui si riversa la proiezione, talaltra da attributi del soggetto e parrebbe più frequente per Jung questo secondo caso. Infatti “ciò che non comprendiamo in noi, non lo comprendiamo neppure negli altri” (pp. 284-85). Anche le pulsioni negative verso gli altri sono di frequente dettate da ciò che è dentro di noi:

“Quando ci arrabbiamo per un qualche motivo fino a perdere la ragione, non vogliamo ammettere che la causa della nostra ira non è ‘fuori’, in quella tal cosa o persona che ci irrita. Così facendo, attribuiamo a quelle cose o persone il potere di gettarci in stato d’ira […]. Di conseguenza condanniamo sfacciatamente e sfrenatamente l’oggetto dello scandalo, ingiuriando così una parte inconscia ch’è in noi stessi, proiettata sull’oggetto irritante” (p. 289).

Socialmente, ciò si verifica con la proiezione delle paure su un nemico. Se fossimo in grado, nell’esistenza cosciente, di separare imago e oggetto, si arriverebbe a non avere “nessuno più da accusare, nessuno da rendere responsabile, da educare, migliorare e punire! In ogni cosa occorrerebbe invece cominciare da sé stessi, e le pretese che imponiamo agli altri dovrebbero essere rivolte solo ed esclusivamente a noi stessi” (p. 294). (Quest'idea è in consonanza con certe concezioni del Buddhismo).

Molto spesso “il sogno è teatro in cui chi sogna è scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico insieme […]: questa interpretazione concepisce tutte le figure del sogno come tratti personificati della personalità di chi sogna” (p. 285). Tuttavia, vale a volte l’interpretazione prevalentemente soggettiva e altre quella più oggettiva.

Se in altri scritti vengono elaborate le immagini oniriche degli archetipi e compiaono in varie analisi di sogni le figure dell’inconscio (Ombra, Ego, Animus, Anima) e il Sé, in questo saggio si rivela la visione complessa dell’universo onirico propria di Jung oltre al suo viaggio in avanti dopo Freud.


[Roberto Bertoni]