19/08/08

Marco Aime, ECCESSI DI CULTURE

Torino, Einaudi, 2004

L'assunto principale di questo libro è che sta proprio all'antropologo mettere in guardia contro l'eccesso di differenziazione culturale quando esse creino divisioni e barriere, enfatizzando oltre misura i localismi e insistendo sulla diversità invece che sui tratti che accomunano etnie, società e individui e che sono quelli che meglio consentono la tolleranza.

Così, secondo Aime, accade in casi come quello dell'identià europea fondata su elementi non sempre chiari e distinguibili, sul concetto somatico di gruppo di appartenenza (all'interno di ogni gruppo ci sono distinzioni), sulla definizione di emigrazione e sulle differenze religiose.

L'autore sostiene che "vano sarebbe cercare una purezza originale nelle culture, che sono somma e sottrazione di tutti gli elementi che le hanno attraversate nel tempo" (p. 20).

Aime concorda con Francesco Remotti sull'idea che "l'dentità è un fatto di decisioni" [1]. L'identità viene costruita per ragioni di identificazione, sociali, politiche, d'altro genere, come è successo per esempio nei processi di identificazione nazionale, assiepandosi attorno a simboli e reinterpretazioni della storia. Con invenzioni più evidenti, in certi casi.

Del resto, ogni cultura è di per sé sedimentata storicamente e multiculturale, soprattutto, si potrebbe dire, nel mondo globalizzato.

La tradizione non è mai completamente tale; sessa viene non di rado recuperata a fini di creazione di identità, con aspetti anche di tradizionalismo, o difesa di un'eredità culturale non sempre autentica.

Aime condivide le ipotesi di Benedict Anderson e Arjun Appadurai sull'ampia deterritorializzazione contemporanea.

Rileva inoltre come alcuni problemi visti come aspetti dell'identità sarebbero più propriamente da attribuirsi al terreno del sociale. Perché etichettare gli immigranti, quando il loro momento definitorio principale è la povertà prima della provenienza etnica?

Identità, quindi, come "prodotto culturale", che possono essere "fasulle e inventate quanto si vuole", ma restano "attive sul piano pratico" (p. 101).

Occorre naturalmente misurarsi con questi temi nel mondo contemporaneo, anche se chi scrive queste note, mentre condivide le implicazioni democratiche del saggio di Aime, ritiene al contempo che una negazione totale dell'identità possa a sua volta costituire un limite. Esistono anche il radicamento, l'appartenenza. Forse al meglio si può tentare di far convivere forme di indentità globale e locale, personale e comunitaria, appaiando le varie forme nella società attuale complessa.


[Roberto Bertoni]


NOTA

[1] Francesco Remotti, CONTRO L'IDENTITÀ, Roma-Bari, Laterza, 1996, p. 5.