25/01/08

John Coltrane, MY FAVORITE THINGS

MY FAVORITE THINGS è uno dei pezzi più noti e importanti della storia del jazz per varie ragioni.

Si trova nell'album dallo stesso titolo, che inaugurò il nuovo quartetto costituito nel 1961 da John Coltrane; e aprì nella sua produzione musicale una diversa fase, che lo avrebbe condotto più vicino a zone di spiritualismo e, in anni successivi, a forme più acute di free jazz.

In MY FAVORITE THINGS, il sax soprano viene usato in tutte le sue potenzialità, aprendo a questo strumento possibilità prima poco utilizzate nel jazz.

La melodia si basa su una canzone nota del film THE SOUND OF MUSIC, trascinata dall'arrangiamento di Coltrane in una modernità sperimentale.

Il pezzo è stato sentito come musica che, sebbene l'autore non esprimesse giudizi espliciti, porta a esiti sociali e politici.

La versione originale del 1961 è disponibile su U-tube [1]; e la preferiamo a quella più libera del 1965 [2].

È applicabile a MY FAVORITE THINGS una dichiarazione di Coltrane: "[...] penso che la musica, in quanto espressione del cuore umano, o dell'essere umano in quanto tale, non esprima solo quanto accade. Ritengo che esprima nella sua completezza l'intera esperienza umana nel momento specifico in cui essa viene espressa" [3].

Sia consentito, qui sotto, un breve excursus personale.

Questo pezzo di Coltrane ci ha accompagnato tutta la vita.

Ci sembra di ricordare che la prima volta in cui lo abbiamo sentito sia stata nel 1972, nel corso delle prove di un trio jazz che seguivamo allora, composto da amici: Toni, Fabio e Mirko, ottimi musicisti, che ci fecero conoscere anche altri motivi rimasti nel tempo. Quella sera ascoltammo l'esecuzione del trio, poi il disco di Coltrane, che rappresentava per noi, in quel tempo storico, una voce di contestazione, ma allo stesso tempo un momento lirico: qui erano la sua contraddizione e il suo fascino.

Ci siamo rivolti a MY FAVORITE THINGS spesso da allora, ma ricordiamo l'ascolto tante volte ripetuto di un lungo soggiorno all'estero, in cui l'ossessiva iterazione del fraseggio era omologa alle possibilità ostinatamente cicliche del pensiero. Quest'ultimo era sospeso in un tempo e in uno spazio compresi tra il luogo di soggiorno e quello di origine, come quella musica caratterizzata da un cronotopo storico e al contempo millenario. L'emotività suscitata in chi, a ogni fine delle note, le riavviava da capo, staccando e posando sul disco di vinile la puntina del braccio del giradischi, si contraddiceva integrandosi con la razionalità dovuta alla geometrica precisione formale del sonoro. La mente seguiva così modalità del sentire e del riflettere su casi biografici; mentre la musica, complice, né crollava nel letargo del puro compiacimento, né si astraeva in freddezze eccessivamente avanguardistiche.

Il pezzo, con cui siamo invecchiati, non ci ha deluso in neppure una delle numerose occasioni in cui lo abbiamo sentito, mantenendo inalterata la capacità di persuadere. Lo suoniamo variando il volume a seconda dell'umore.

Avremmo voluto scrivere questo breve articolo nel 2007, quarant'anni dopo la morte di Coltrane, che era nato nel 1926.

NOTE

[1] http://www.youtube.com/watch?v=I_n-gRS_wdI.
[2] http://www.youtube.com/watch?v=NllPZ5_Tw40.
[3] "[...] I think that music, being an expression of the human heart, or of the human being itself, does express just what is happening. I feel it expresses the whole thing - the whole of human experience at the particular time that it is being expressed" (http://artsci.wustl.edu/).


[Renato Persòli]