16/12/07

APPUNTI SULLA DIVINA MIMESIS DI PIER PAOLO PASOLINI

LA DIVINA MIMESIS risale al 1963-65, ma fu pubblicato nel 1975. Si tratta di un'opera incompleta: ne possediamo solo alcuni canti e appunti per altri canti. Il titolo riflette un rapporto con Dante di tipo metalinguistico: mentre è modellato sul sintagma "LA DIVINA COMMEDIA", al tempo stesso indica un commento al testo dantesco, che per Pasolini è in effetti "mimesi" (o imitazione) della realtà e dei linguaggi che si adottano per rappresentare la vita.

Come "nel mezzo del cammin di nostra vita" della COMMEDIA di Dante, nel Canto I di LA DIVINA MIMESIS, "verso i quarant'anni" [DM, 6] [1] Pasolini immagina un viaggio nell'oltreterra, con una guida, che non è Gramsci o Rimbaud, che Pasolini sente come simili, o, ironicamente, Chaplin [DM, 16], ma comunque, come Virgilio, un poeta, ovvero Pasolini stesso, o meglio un doppio di se stesso: il "poeta civile" che Pasolini era negli anni Cinquanta [DM, 6], con la passione per il popolo, la storia, l'ideologia, il mito e lo stile.

Il viaggio nell'Inferno e in due Paradisi (quello capitalista e quello comunista) è, in Pasolini, un viaggio nell'"Irrealtà" [DM, 35]. L'oltreterra di Pasolini, l'"Irrealtà", non è fuori di noi. Al contrario, "altro luogo non è che il mondo" [DM, 19] nell'epoca del neocapitalismo: un universo sociale percorso dal consumismo ("ognuno di noi [...] è la figura di un acquirente", DM, 42), dalla fine dei valori precipitati nella "volgarità" e nel "conformismo" [DM, 63] e dal crollo degli ideali di "purezza", "altezza morale" e "onestà intellettuale". La generazione di Pasolini è politicamente e socialmente ridotta a "un'ombra, una sopravvivenza" [DM, 13]. Tra i mali peggiori, sul piano esistenziale, per Pasolini c'è infatti l'ignavia [DM, 19]. C'è una crisi di identità: la vita privata è vissuta in isolamento con "la piaga di un dubbio, il dolore di una lacerazione [...] di cui gli altri hanno ragione di disinteressarsi" [DM, 15]; la gente "vive nella confusione" [DM, 35].

Negli aspetti appena citati si notano, rispetto all'ideologia di Pasolini, la disillusione nei confronti tanto del capitalismo quanto delle opposizioni tentate negli anni Cinquanta, e un riscontro dell'alienazione sociale e personale dell'Italia neoindustriale nata col miracolo economico.

Come Dante, Pasolini è critico caustico del suo tempo, ma attualizza al presente il testo dantesco; in parte lo imita nella suddivisione in Canti, in alcuni particolari e elementi di lingua e di stile; ma poi se ne distacca, scegliendo non i versi in terzine (come aveva fatto in LE CENERI DI GRAMSCI), bensì una prosa standard, che sembrerebbe tra l'altro contraddire il plurilinguismo difeso da Pasolini e da lui riscontrato anche in Dante. Sul piano linguistico, Pasolini anticipa i tempi, dichiarando, già fin dagli anni Sessanta, che il modello standard di italiano non è più quello letterario, bensì lo standard basato "sull'italiano parlato nel Nord, come lingua franca della seconda industrializzazzione": per questo scrive nella "'supposta' lingua nuova" caratterizzata soprattutto dalla "assoluta prevalenza della comunicatività sull'espressività" [DM, 59]. Sebbene diversa dalla lingua di Dante, e diversa dal plurilinguismo riscontrato da Pasolini in Dante, la lingua scelta da Pasolini dagli anni Sessanta in poi costituisce un'innovazione fondata su uno studio della realtà linguistica italiana: in tal senso il metodo di Pasolini non è dissimile da quello di Dante, che nel DE VULGARI ELOQUENTIA individuava le lingue parlate in Italia e ne costruiva una propria basata su quelle.

È visibile l'interesse di Pasolini per Dante non solo sul piano della critica alla società, ma anche su quello dell'autobiografia. La COMMEDIA è narrata in prima persona e Dante fa riferimento a sé, in tal senso operando in parte entro il genere autobiografico; e l'ansia dell'influenza di Pasolini lo porta a staccarsi da Dante accentuando il discorso autobiografico (leggendo ad esempio Virgilio non come un altro da sé rispetto a Dante, ma come un alter ego: lo dimostra la scelta del Pasolini di un tempo come guida nell'oltreterra).

Mentre Pasolini imita Dante, se ne distacca; ma al tempo stesso LA DIVINA MIMESIS costituisce indirettamente un commento a Dante: ce ne fa capire certi aspetti, ad esempio questo aspetto di autobiografia. Come sempre, nell'intertestualità, i testi circolano di continuo, aprendosi su orizzonti dell'opera imitata e dell'opera nuova che da quella scaturisce.

Nella DIVINA MIMESIS, a differenza che in Dante, c'è una tendenza laica, non religiosa; e sono accentuati gli aspetti politici, sociali e esistenziali. Il percorso teologico di Dante si trasforma inoltre in un percorso simbolico e psicologico. (L'aspetto psicologico è messo in evidenza da un richiamo all'Id, cioè l'inconscio secondo Freud, DM, 26).

Certe allegorie dantesche si trasformano in simboli in quanto in LA DIVINA MIMESI, al contrario che nella COMMEDIA, sono spiegate, non lasciate implicite affinché il lettore le decifri secondo gli schemi che le contengono (siano essi teologali, filosofici, o di altro tipo). Ad esempio la lonza, il leone e la lupa: in Pasolini la lonza indica l'illusione, il leone "sonno, ferocia e egoismo" e la lupa lussuria [DM, 14-17].

In LA DIVINA MIMESIS, al contrario che in Dante, le pene dei dannati non sono "spettacolari" perché, scrive Pasolini, "in questo luogo la sola pena è esserci" [DV, 50]. Questa è la punizione, non il contrappasso come in Dante.

In LA DIVINA MIMESIS, è pronunciata una severa critica anche all'assenza di impegno degli intellettuali: i letterati sono all'Inferno, ma sono in qualche modo difesi gli scrittori anticonformisti che abbiano "l'altezza dello stile" e "la purezza della parola", perché è in questo modo, secondo Pasolini, che si manifesta l'impegno coincidente con una "testimonianza della realtà" [DV, 40]. Chi è colpevole, infatti, secondo Pasolini, è chi non si è ribellato: i conformisti, i politicanti, i corrotti.

Nalla DIVINA MIMESIS, il compito (laico) di redimere chi vive tra le pene del presente sembrerebbe affidato all'arte, a una ricerca di sé, e socialmente al perseguimento della verità, dicendola non "di nascosto", bensì apertamente [DV, 18].


NOTE

[1] L'abbreviazione DM sta per LA DIVINA MIMESIS, Torino, Einaudi, 1975. Le cifre che seguono l'abbreviazione tra parentesi quadre indicano i riferimenti ai numeri di pagina.


[Roberto Bertoni]