11/06/07

Enrico Franceschini, AVEVO VENT'ANNI


[Un angolo di Dublino. Foto di Paola Polito]


Paul Nizan ha scritto: "Avevo vent'anni. Non permetterò mai a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita".

Ma forse si sbagliava.

AVEVO VENT'ANNI (Milano, Feltrinelli, 2007) non prende posizione, racconta una storia, anzi tante storie dell'anno mirabilis (o horribilis, a seconda dei punti di vista) 1977.

Ad uno dei tanti festival letterari Enrico Franceschini, brillante inviato di Repubblica, viene avvicinato da "Un tizio mezzo pelato, la faccia rotonda, gli occhiali spessi". Dopo un lungo attimo di panico di colpo il ricordo: "Collettivo di Giurisprudenza!"

Da quell'incontro nasce questo libro. "Avevo vent'anni" non è un romanzo sul Settantasette (volendo ce ne sono un paio ottimi, PIOVE ALL'INSÙ di Luca Rastello, Torino, Bollati Boringhieri, 2006 e IL PASSATO DAVANTI A NOI di Bruno Arpaia, Parma, Guanda, 2006), è il risultato di quell'incontro e della voglia improvvisa di sapere che fine avessero fatto Humphrey, Sandokan, Alberto l'altoatesino e Salvatore il siciliano, la femminista e tutti gli altri, tutti quelli che avevano avuto vent'anni assieme, nel Collettivo, a Bologna, trent'anni fa. Non è un romanzo ma è anche un romanzo, perché l'intreccio di tutte queste voci che si raccontano, che svelano squarci di vite, che riflettono su "come eravamo" e su "come siamo diventati" restituisce, con pudore ma anche con malinconica fierezza, una generazione, un tempo, una città quasi sempre schiacciate nell'immaginario mediatico sulla violenza, dalla P38 alle B.R. In questa autocoscienza di gruppo ritroviamo il "comunismo giovane e felice", Radio Alice, la sperimentazione sul linguaggio, "il personale è politico", la coppia aperta, il femminismo, la crisi dei partitini della nuova (?) sinistra, l'irruzione di quello che è stato felicemente definito "uno strano movimento di strani studenti" nella politica e nella vita che lì e allora sembravano essere quasi la stessa cosa.

Poi certo ognuno dovrà trovare la sua strada, superare di nuovo da solo, dopo quel triste settembre, la propria personale "linea d'ombra" e ci saranno ancora individuali successi e fallimenti. Ma uno che all'epoca ascoltavamo con un'attenzione estrema ci aveva avvertito: "There's no success like failure and that failure's no success at all" (Bob Dylan, LOVE MINUS ZERO NO LIMIT). E, non sappiamo se sia un pregio o un difetto, i vent'anni per qualcuno di noi non passano mai.


[Gian Paolo Ragnoli]