01/03/07

Giorgio Melchiori, JOYCE BAROCCO - BAROQUE JOYCE



[James Joyce with some Dubliners ninety three years later. Foto di Marzia Poerio]













Il titolo, JOYCE BAROCCO (Roma, Bulzoni, 2007), testimonia l'ansia di inquadrare l'opera letteraria del grande scrittore irlandese in un contesto principalmente collegato alla temperie artistica contemporanea, o alle influenze della testualità passata. I riferimenti alla musica (Wagner, Debussy) e all'architettura (Bernini, Borromini) accompagnano quelli più diretti ma non meno rivelatori alla poesia di Eliot e Auden, come anche certe connessioni illuminanti con letterati tanto diversi quanto i vari Artale, Maeterlinck, Marston, e Shakespeare.

I due argini culturali entro cui si muove l'analisi di Melchiori sono Curtius e Bloom, con una netta preferenza per l'approccio "eurocentrico" del primo, evidente in LETTERATURA EUROPEA E MEDIOEVO LATINO, su quello in un certo senso occidentalista del secondo, come appare in talune tendenze, se vogliamo, totalizzanti del suo IL CANONE OCCIDENTALE. Il principale parametro che determina lo sviluppo dell'argomentazione è l'opposizione, o meglio quanto andrebbe visto come una pseudo-opposizione, tra classico e barocco, che lascia il posto a quella più precisa tra classico e manierismo. Nel riportare all'attenzione del pubblico dei lettori la risoluzione dell'equivoco tra marinismo e manierismo, l'analisi di Melchiori si fonda su solchi ermeneutici ben tracciati. Il barocco in Joyce non è mai pura frenesia verbale, anzi rispetta categoricamente, come l'ultimo Shakespeare, i canoni della simmetria.

Gran parte della riflessione gravita sull'ultima opera di Joyce, ovvero la traduzione in italiano del monologo di Annalivia. Viene vista come esempio di letteratura barocca, principalmente nel suo incentrarsi sull'idea fondamentale della circolarità e della simmetria, ancorché sulle evoluzioni fantastiche e le funamboliche bizzarrie linguistiche. Il barocco è per Melchiori, come anche per Curtius, una modalità del classico, proprio in virtù delle "strutture simmetriche e delle corrispondenze tra le parti" (p. 14). Si tratta di un discorso già affrontato ne I FUNAMBOLI, opera simbolo tra quelle aperte alla fruizione di lettori specialisti e non. Come I FUNAMBOLI, anche JOYCE BAROCCO dimostra la capacità dell'autore di spiegare fenomeni complessi evitando le semplificazioni. E' il caso, ad esempio, dell'epilogo del testo, in cui le sottili modalità del barocco all'interno del classico vengono applicate con esemplare lucidità alle dinamiche del testo joyciano:

"[…] la circolarità è la caratteristica fondamentale dell'architettura e della monumentalità barocca: si pensi agli edifici ecclesiastici di Gian Lorenzo Bernini, alle cupole che sovrastano le massicce strutture di impronta classica, in apparente contrasto con le ondulate facciate e le cupole spiravate del suo contemporaneo Borromini che si affida all'altra forma del barocco, creando nuove simmetrie movimentate fino al limite della bizzarria. E' esattamente quello che fa Joyce nelle sue ultime opere […]" (p. 41).

Come testimonia tutta la bibliografia dello studioso, anche quest'ultima opera dimostra quanto Joyce sia per Melchiori non solo uno snodo imprescindibile nello sviluppo della cultura europea e mondiale, ma anche il propositore e inventore di una cultura universale. Joyce è una presenza costante nella prospettiva critica di Melchiori, secondo la quale vi è in Joyce, dietro agli specchi incrinati e ombrosi dell'oscurità verbale, una fondamentale PLAINNESS, una "popolarità" che sottende costantemente la complessità del dettato testuale di superficie. Le qualità epiche della sua prosa più matura non sono altro che una trasposizione, tramite il filtro demistificante e straniante di una superiore INTRICACY NARRATIVA, della chiarezza e dell'umanità di un messaggio artistico tutt'altro che elitario. Si tratta di uno sviluppo che segue le linee guida di un'estetica verbale basata sulla tecnica della scoperta fulminante ed eterna, come appare evidente nella dimensione epica della lingua in FINNEGANS WAKE:

"[…] nel quindicennio dedicato alla elaborazione di FINNEGANS WAKE, Joyce riesce soprattutto attraverso l'attenzione quasi ossessiva al gioco delle parole, a conferire sul modello delle teorie di Gianbattista Vico una complessa unità strutturale che non si può non definire barocca. In questo caso si può davvero parlare di gioco di arguzia barocco spinto ad un limite tanto stremo da farsi lettura sarcastica di se stessa, e al tempo stesso visione epifania del Verbo rivelato nel libro dell'Apocalisse: Finnegans Wake è una gigantesca epifania del linguaggio umano" (pp. 18-9).

A differenza di taluni esponenti americani dell'industria joyciana, Melchiori sembra far onore al senso profondo del più complesso testo di Joyce, tramite la saggia virtù dell'argomentazione e della spiegazione. La qualità quasi "inglese" della prosa di Melchiori contribuisce indubbiamente a sradicare l'opera da un orizzonte prettamente accademico, fino a proiettarla nell'arcipelago delle letture comuni. Ma a stupire è in un certo senso principalmente la sfida che oppone la CLARITAS dell'autore alla segreta opacità del testo joyciano. Tale caratteristica rende JOYCE BAROCCO un'opera esempio di divulgazione scientifica aperta ad un pubblico vasto di lettori. La struttura del breve saggio, che nella seconda parte del libro è riprodotto nella traduzione di Barbara Arnett, lo rende particolarmente apprezzabile da parte degli studenti di letteratura. In un simile contesto, l'operazione culturale portata avanti dalla neonata "Piccola Biblioteca Joyciana" di Bulzoni, diretta da Franca Ruggieri, sembra andare quasi controcorrente rispetto alla tendenza degli studi letterari contemporanei. Sulla linea della pubblicazione periodica JOYCE STUDIES IN ITALY, inaugurata da Giorgio Melchiori nel 1986, la nuova collana si ripropone infatti di "aprire" l'ambito accademico spesso chiuso e circolare dei JOYCE STUDIES anche all'orizzonte del GENERAL READER. In questo senso, a partire dal ragionevole prezzo di copertina dell'elegante formato tascabile, fino ad arrivare alla materia e allo stile dell'argomentazione, il testo di Giorgio Melchiori, primo della serie, non delude le aspettative determinate dal senso profondo di questa nuova operazione culturale, ancora una volta dedicata ad uno dei principali e più complessi esponenti della letteratura e della cultura mondiali.

[Enrico Terrinoni]