13/10/18

Han Suyin, THE CRIPPLED TREE

1965. Editorial Subtitle: The Unforgettable Story of War and Revolution in China. Manchester, Panther, 1972

Si tratta del primo volume dell'autobiografia dell'autrice di madre belga e padre cinese, che scrisse questo e altri libi in inglese ed ulteriori opere in cinese.

Molto marcato risulta lo sfondo storico, che svolge anzi parte protagonista e getta luce in particolare sulle interferenze imperialiste dei paesi europei e degli USA nella costruzione delle ferrovie, uno dei cui funzionari cinesi fu il padre dell'autrice. I giochi di potere, la deprivazione delle risorse autoctone, la minore paga e il peggiore trattamento, rispetto agli occidentali, degli ingegneri cinesi che avevano studiato per lunghi anni all'estero ed erano specializzati quanto i belgi, i francesi e gli inglesi, come pure il pregiudizio razziale compaiono con chiarezza, meglio ancora evidenziati dall'aneddotica familiare con i fratelli e le sorelle di Han Suyin e lei stessa in quanto euroasiatici, che vivono la discriminazione sulla propria pelle e nel poprio paese. Pure evidenziate sono le malattie che colpivano in particolare gli strati poveri della popolazione (una prefigurazione, forse, della futura professione di medico di Han Suyin) e la Cina percorsa dagli eserciti dei signori della guerra, prima, e poi dai conflitti tra Kuomintang e comunisti e quello di maggiore ampiezza tra cinesi e giapponesi.

I conglomerati urbani del Sechuan, da dove trasse origine la famiglia dell'autrice, e la descrizione dei rapporti e riti di questo clan di origini illustri e organizzato ancora tradizionalmente, cedono il passo al soggiorno europeo del padre tra fine Ottocento e primo Novecento, all'incontro con la madre nel 1905, il ritorno in Cina, la peregrinazione della famiglia tra vari luoghi cinesi per il lavoro di lui, infine il lungo soggiorno a Pechino (o Capitale del Nord), ridenominata alla fine dell'arco cronologico di questo volume Peiping (ossia Pace del Nord) quando la capitale della Cina nazionalista si trasferisce a Nanchino nel 1928 e Han Suyin, che in questo libro, per parlare di se stessa in terza persona, adotta non lo pseudonimo di scrittrice ma il nome in lingua francese assegnatole dalla madre, Rosalie, aveva dodici anni. 

Vari personaggi narrano la loro storia tramite diari e documenti reperiti dall'autrice. La madre belga parla in prima persona, tuttavia, solo di rado: a lei il testo si riferisce soprattutto in terza persona, narrando una lunga storia di disadattamento durata oltre un trentennio, con inserimento solo parziale nella compagine sociale asiatica, uso limitato del mandarino, scarsa attitudine al compromesso, ma anche adozione di elementi culturali cinesi pur nella prevalenza di quelli europei e tenuta della tensione responsabile a occuparsi dei quattro figli sopravvissuti quando essi saranno abbastanza grandi, ossia fino al momento di lasciare il paese al culmine delle sue crisi di appartenenza. Da parte cinese, a eccezione del marito (capace di empatia e tolleranza), dei figli (con un rapporto in vari modi contraddittorio verso i genitori) e di altri sodali locali ed espatriati, si nota nei confronti della madre un atteggiamento in parte curioso, ma in maggioranza di scarsa comprensione e talora anche rigetto.

La piccola Rosalie fu affascinata piuttosto dalla cultura cinese che da quella occidentale cui pure apparteneva. Ci sono pagine in cui il suo modello identitario passa anche attraverso la cultura, soprattutto i caratteri della scrittura e i costumi.

Questo libro utile e profondo manifesa inoltre un approccio sperimentale alla scrittura biografica, non solo, come abbiamo sopra notato, innestandola sulla storia, ma anche alternando lo stile fattuale-cronachistico con quello narrativo.


[Roberto Bertoni]