19/02/17

Vittorio Spinazzola, IL REALISMO ESISTENZIALE DI CARLO CASSOLA


Modena, Mucchi, 1993

La pubblicazione del Meridiano Mondadori su Cassola a cura di Alba Andreini nel 2007, con una seconda edizione nel 2016, per quanto sia antologico e comprenda solo alcuni dei testi dal 1937 al 1970, escludendo in blocco tutto il lavoro successivo, che rimane invece importante e vario, ha comunque senz’altro contribuito al rilancio dell’autore tra i classici, superando le sciocche seppure militanti polemiche di un tempo sul suo presunto populismo (Asor Rosa), o, peggio, aspirazione all’Appendice (Sanguineti). L’introduzione della curatrice, piuttosto misurata e utile, intitolata “Il romanzo delle origini” occupa le prime interessanti 50 pagine dell’opera. L’appendice critica rivela pochi saggi su Cassola, tuttavia, in questo secolo. Peccato. Si auspica che tale lacuna parziale venga presto colmata da giovani esperti del campo letterario.

Frattanto abbiamo rispolverato un breve saggio di Spinazzola degli anni Novanta che ci era, e lo auto-deprechiamo, sfuggito. Nota come altri che la dichiarazione forse più significativa di Cassola riguardo la poetica “è quella che indica, come oggetto privilegiato della rappresentazione letteraria, l’esistenza, nella sua naturalità nuda” (p. 7). La novità parziale di Spinazzola è nell’assegnare, freudianamente, un ruolo preponderante, in questo campo, all’“eros” che “non mantiene le promesse di felicità” (p. 8).

La “condanna alla solitudine” (p. 34) è il destinio di parecchi personaggi di Cassola; Spinazzola ribadisce dunque il senso di inutilità, la difficoltà dei personaggi a rendersi conto della vanità dei loro sforzi per realizzarsi; e una “contrapposizione tra l’autenticità esistenziale e l’inautenticità della vita di relazione” (p. 11). Più in specifico:

“La velleità di conformare la vita all’esistenza, cioè di rendere l’esistenza vivibile, non è che fomite di inquietudine, sino a un esito obbligato di smarrimento, di delusione fatale. Questa prospezione della instabilità costitutiva dei sentimenti nel loro turbamento stanco, confuso e perplesso, questo è, secondo me, il vero nucleo di modernità dell’oggettivismo e del realismo cassoliano” (p. 12).

Varie altre note interessanti in questo volumetto, per esempio l’importanza del rifiuto cassoliano della violenza che lo distingue dai contemporanei anche nei testi neorealisti. E sul piano delle tecniche letterarie una modifica dell’impersonalità verghiana, tramite un “personaggio che è protagonista della storia stessa: colui che narra si pone allo stesso livello di colui che è narrato”; tuttavia, rispetto a Verga, “non è la stessa cosa” perché “l’obbiettività degli avvenimenti raccontati viene filtrata dalla sensibilità soggettiva di chi ne fa esperienza” (p. 21).


[Roberto Bertoni]