["Like one of those invisible planets..." (Painting by J.W. Morris, Toronto 2016). Foto Rb]
Hao Jinfang, "Invisible Planets". In Ken Liu, a cura di, Invisible Planets: An Anthology
of Contemporary Chinese Science Fiction, Londra, MacMillan, 2016, pp. 199-218
Abbiamo notato la
presenza di Città invisibili di Calvino
in Xi Xi (pseudonimo di Zhang Yan). E lo rileviamo immediatamente, dal primo segnale, che è il titolo di un testo intelligente e
creativo, in Hao Jinfang, la quale parte
dalla fantascienza per elaborare un discorso in parte surreale e in parte proteso verso assunti allegorici.
In "Invisible Planets", le descrizioni dei
pianeti sono intercalate, come tra i calviniani Khan e Polo, da dialoghi che si
potrebbero forse interpretare anche quali interlocuzioni tra autrice e lettore sul
modello di Se una notte d’inverno un
viaggiatore…
Nel finale, un
dialogo indica, richiamandosi un che ironicamente a Bob Dylan (ameno che non
sia una coincidenza della traduzione scorrevole di Ken Liu), che quanto
descritto dei vari pianeti di questo racconto (ma è un racconto?) sfugge tra le
dita, “singing in the wind of a distant homeland”. Il segnale allegorico è
quella terra natia distante, sfuggente… E la domanda se questo mondo è davvero
nostro: “Our own world? Which one? Can any
planet have belonged to us? Or can we have belonged to any planet?” (p. 218).
Si tratta anche di
una riflessione sull’arte e di un’immaginazione non necessariamente ancorata
paragrafo per paragrafo, anzi libera di espandersi ed esprimersi.
Così il pianeta di
Chichi Raha è artisticamente creativo, gli abitanti non mantengono che raramente
gli impegni, la menzogna fonda le convenzioni sociali, ma promuove la
creatività.
Sul pianeta di
Pimaceh si sentono molte diverse versioni del passato, ciascuna inconciliabile
con le altre.
Su Bingwaugh, più concretamente
rappresentativo di una storiografia reale, “educators came, missionaries came,
politicians came, revolutionaries and reporters all came” e “all the ambitious
adventurers in the universe rushed to take advantage of it” (p. 205).
Speriamo di leggere
presto traduzioni di altre opere di questa autrice fantasiosa e impegnata.
[Roberto Bertoni]