01/04/16

Chienn Hsiang, EXIT

Taiwan 2014. Con Chen Shiang-chyi, Tung Ming-hsiang, Jenny Wen

Abbiamo ribadito spesso l’importanza, almeno per noi della lentezza nel cinema, sia in antitesi alla spettacolarità movimentata del cinema commerciale, sia di per sé, per la qualità meditativa che possiede, perché fornisce il tempo di capire ciò che si guarda, perché è un’estetica più propria dell’immagine analitica che delle sintesi affrettate. In questa pellicola la lentezza si accompagna al silenzio, conferendo a ciò che vediamo una qualità di tempo che imita la vita reale mentre le inquadrature spesso agiscono con stile pittorico. Con questi procedimenti estetici, si approfondisce la psicologia dei personaggi e si delinea un quadro d’ambiente.

La protagonista Ling vive una crisi a livelli molteplici: sta per entrare nell’età della postmaturità; la figlia quindicenne si comporta con un’autonomia spinta al punto di respingere l’affetto materno; il marito è assente; una ristrutturazione della ditta per la quale svolge mansioni di cucitrice la licenzia e deve ristrutturarsi lavorando in proprio.

Il desiderio e i fremiti di una gioventù superata da tempo sembrerebbero ripresentarsi col correlativo di una scuola di tango cui si reca una sua collega, invitandola, ma ciò non fa per Ling, la cui introversione la porta su strade di riflessione chiusa e quieta.

Un tentativo di concedersi qualcosa di diverso, un tocco di rossetto, indossare un vestito più carino del solito, per andare da sola al ristorante, viene frustrato dallo scoprire dalla vetrata esterna, come se fosse in colpa, la figlia che flirta con un ragazzo proprio in quel locale: la madre si deterge il trucco e torna a casa frettolosamente.

L’unico rapporto umano positivo è di compassione. Accudendo la suocera ricoverata in ospedale, si occupa anche di uno sconosciuto sofferente con gli occhi bendati in un letto della medesima corsia. S’instaura un rapporto di solidarietà e, in lei, una spinta verso un qualche futuro, almeno fino a quando il letto del degente resta vuoto.

Tornata a casa, la porta difettosa dell’appartamento non si apre dallinterno, impedendole di uscire: lei si accanisce, infine la spalanca a forza, restando seduta tra soglia e pianerottolo.

Come nel finale, affidato più all’intuizione, all’allegoria, alle metafore che alla rappresentazione del tutto dichiarato, è un film serio e interessante. Impeccabile la recitazione della protagonista. Notevoli le scene di esterni, pur se rare, che mettono in rilievo il paesaggio urbano e lo strato sociale.


[Roberto Bertoni]