25/06/14

Robert Stromberg, MALEFICENT

USA, 2014. Con Sarah Bradshaw, Sharlto Copley, Angelina Jolie, Sam Riley


I crediti annunciano che Maleficent è basato sul film Sleeping Beauty, pure di Disney, del 1959. Strana la filiazione, a dire il vero, dati i numerosi cambiamenti dell’intreccio e rispetto anche e soprattutto alle fonti letterarie, fin dal Medioevo, ma principali la versione secentesca di Perrault e quella ottocentesca dei Fratelli Grimm.

I critici inglesi sono stati in numero non basso impietosi con questa pellicola, in particolare Bradshaw sul “Guardian”[1]. Noi concordiamo piuttosto con Zoller Seitz, che fornisce apprezzamenti tutto sommato positivi [2].

Perché non ci è dispiaciuto, nonostante la nostra polemica contro la commercializzazione e il kitsch?

In primo luogo, la revisione della storia adatta ai tempi il concetto di malvagità. 

In questa pellicola, infatti, la Fata cattiva della tradizione era nata Fata benefica; e si è accanita contro una fanciulla innocente per il dolore provocatole dagli esseri umani nella persona dell’innamorato di cui si fidava e che invece le ha tagliato le ali per portarle al Re e succedergli. Dunque, il male nasce dalla sofferenza; e ha una giustificazione nelle azioni calamitose della nostra specie che, interferendo col mondo delle Fate, lo deteriora e lo danneggia.

Sempre in relazione al concetto di malvagità, mentre nella storia tradizionale l’odio e la gelosia della Strega sono assoluti, qui possono ricevere una trasformazione. Dopo avere scagliato la maledizione dell’arcolaio (al compiere dei sedici anni la figlia dell’ex innamorato, ora Re, sarà punta e cadrà in un sonno da cui la risveglierà soltanto un amore vero), poco prima che la fanciulla compia l’età fatale, Maleficent si finge sua madrina, ma sviluppa nello starle accanto un affetto materno autentico; e sarà lei, non il Principe Azzurro, a risvegliarla con un bacio genitoriale. Insomma, qui si suggerisce che il vero amore, forse, non esiste tra fidanzati, ma è proprio dei rapporti di compassione e disponibilità totale della madre (pur se non biologica e solo simbolica).

Inoltre, nel mutamento di intenti di Maleficent da avversione a simpatia per la ragazza, c’è il pentimento, la revisione interiore, la maturazione degli affetti. Una metamorfosi che riscatta il passato in un presente benefico determinato dall’amore.

Che dire poi della non violenza? Se è vero che il padre della Bella Addormentata viene ucciso in un duello mortale da Maleficent, ciò accade non per intenzione, bensì per incidente, anzi lei voleva salvarlo, ma la dinamica della caduta dall’alto del castello e la difesa della propria incolumità l’hanno impedito.

La Bella Addormentata, nel finale, diventata Regina, si allea col popolo della Fate e sigla un’alleanza (in termini allegorici congiunzione di sogno e realtà, junghiana unità degli opposti?).

Quanto all’estetica, gli effetti speciali non disturbano più di tanto; le Fatine buone sono piuttosto divertenti; Jolie un che grottesca negli zigomi in rilievo accentuato e con le corna tipo ariete; ma dopotutto è una fiaba.


[Roberto Bertoni]



[1] Maleficent: Review of Reviews, “The Telegraph”, 5-7-2014.
[2] Matt Zoller Seitz, Maleficent, rogerebert.com.