19/04/13

Zimu Xu, A LAND WITHOUT BOUNDARIES (无界之地)



[That sculpture... Perhaps a time capsule from a parallel universe? (Seoul 2013). Foto Rb]


Cina, 2011. Con Roy Cheung, Suet Lam, Rai Li, Francis Ng, Patrick Tam, Zimu Xu

L’angelofilia nel cinema appartiene tanto al cinema occidentale che a quello orientale. Per limitarci qui a opere consone, anzi legate intertestualmente, questo film di Zimu Xu, nella rappresentazione di dèi della morte rimodernati, vestiti di nero, somiglia al Cielo sopra Berlino di Wenders (1987), anzi ci sono anche delle citazioni, come un dialogo tra due degli esseri soprannaturali dall’alto di un grattacielo; e nell’amore dell’angelo per una mortale alla Città degli angeli di Silberling (1998). Si tratta insomma di un intreccio tra cinematografia dell’Est e dell’Ovest, non priva di interesse, con variazioni in parte di mediazione culturale (non angeli, ma esseri preposti alla somministrazione di Thánatos quando viene il momento deciso dal destino e alla verifica e registrazione dell’accaduto, più impiegati che altro, nondimeno privi di legami materiali forti (mangiano soltanto arance) e stretti da leggi che sono contemporaneamente quelle metafisiche per cui devono, pur visibili agli umani, restare in clandestinità quanto ai loro veri compiti; e quelle del fantastico, per cui la spiegazione dell’essenza di meraviglioso, in cui si iscrive questo film cinese, ha come tramite la commozione, il cedimento sentimentale insomma, che sposta dallo stato di distacco ultramondano in cui i nerovestiti si trovavano, spingendo il protagonista, per amore verso una ragazza vitale, dolce e generosa, a rivelarle chi egli sia veramente, e fin qui riesce a farla franca col Direttore Generale del suo lavoro, ma non quando la salva dalla morte decisa fatalmente, con variante rispetto alla morte di Meg Ryan nella pellicola di Silberling.

Varie dichiarazioni in rete sul film (non abbiamo trovato una vera e propria recensione) lo giudicano noioso e scadente. Non è vero. Oltre alle sopra notate intertestualità, il film è ben recitato, conserva un quoziente di mistero, si rivela come nelle opere del meraviglioso che si rispettino, usa il colore per delimitare il contrasto tra il mondo comune e quello soprannaturale, in particolare i colori delle arance in raffronto con quello luttuoso degli abiti maschili.

Radiosa Rain Li, che impersona la semplicità, la natura e la disponibilità umana. Il più abile degli attori non il protagonista ma un suo collega, impersonato da Suet Lam.


[Roberto Bertoni]