13/11/12

Raffaele Donnarumma, DA LONTANO. CALVINO, LA SEMIOLOGIA, LO STRUTTURALISMO



[Snow in Dublin seen from a distance. Foto Rb]


Raffaele Donnarumma, DA LONTANO. CALVINO, LA SEMIOLOGIA, LO STRUTTURALISMO. Palermo, Palumbo, 2008


Secondo Donnarumma, Calvino è distante dal nostro presente. Una delle ragioni è il fatto che “non è stato e non ha voluto essere un romanziere in senso pieno” (p. 10) a causa del suo distacco dai modelli realisti a favore di quelli che vanno da Stevenson a Nievo a Queneau.

Le opere da Cosmicomiche (che Donnarumma giudica, assieme a Ti con zero, “il libro più sperimentale della carriera di Calvino”) in poi rappresentano il Calvino postmoderno, un periodo che si è esaurito ed è stato sostituito da un ritorno al realismo e alla narrativa tradizionale.

La nuova poetica calviniana gli permette i reinterpretare il mondo tramite la semiologia e lo strutturalismo, teorie da cui in parte dissente pur concordando con molti dei loro aspetti. Donnarumma mette in rilievo, in cosmicomiche e Ti con zero, il superamento dell’umano, la letteratura come scambio sociale, gli spunti wittgensteiniani, i debiti verso Barthes. In conclusione “la riflessione strutturalista aggredisce il realismo con un tale accanimento da lasciarlo in pezzi” (p. 40).

L’autore di questo saggio indaga i rapporti tra Tristi tropici di Lévi Strauss e Città invisibili, che ne riprendono l’intento saggistico ma in modo fantastico. La struttura modulare è un altro degli elementi di rifiuto della narratività di questo testo.

“Tramontato [...] il realismo, ciò che conta è l’appello a una nuova percezione della realtà. Fantastico e utopia diventano così due strade privilegiate per una nuova idea di letteratura! (p. 58). Ne risulta modificato anche il senso dell’impegno, non più diretto in senso politico come ai tempi delle opere realiste e della fiabe degli anni Quaranta e Cinquanta, ma obliquo e in funzione di una trasformazione della realtà attuata tramite il mutamento delle coscienze (l’“utopia pulviscolare”), nondimeno con una critica della società. Il progetto di Calvino, dagli anni Sessanta in poi, pare quello di “istituire attraverso lo sguardo e lo stile un nuovo rapporto con il mondo” (p. 73).

Il Castello dei destini incrociati nasce dalle concezioni strutturaliste. In parte, però, si potrebbe fare un paragone col rapporto instaurato da Lévi Strauss tra bricolage e mito. Da qui forse anche la scelta di Calvino di esprimersi per immagini, legata a una delle modalità del mito. Quelli di Calvino sono rifacimenti di racconti già esistenti: miti in quanto “patrimonio collettivo di racconto e di esperienza” (p. 98). Anche il Castello, chiarisce Donnarumma, rompe con l’impegno diretto in politica e rappresenta una forma di impegno sociale indiretto. E il racconto mitico calviniano è una maniera di rappresentare la realtà. Il tema dominante, tuttavia, è metanarrativo: protagonista è l’arte stessa del narrare.

Se una notte d’inverno un viaggiatore innova sul piano strutturale, in quanto non è tanto a combinazione quanto ad accumulazione, realizza il progetto iper-romanzesco. Donarumma vede un parallelo con S/Z di Barthes. Pare che ci sia un ritorno al realismo, ma non è in realtà così: del realismo viene recuperata la “veste esteriore”, c’è “non un effetto di reale, ma una simulazione del reale” (p. 148).

[Roberto Bertoni]