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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
15/05/11
Annamaria Ferramosca, DUE POESIE
[(Linguistic) trees (or so) in the city (of Nice). Foto di Marzia Poerio]
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1.
UNA LINGUASILENZIO FELICE LARGA PIOVE
una linguasilenzio felice larga piove
penetra cantapetali dentro nel
dentro innocente sanguelinfahumus
permea senso senza
metallo che risuoni
da muro a muro da spina a spina
i dispersi al tocco sussultano si stringono
di fronte è la gelida notte
lontane le due torri come mammuth
emersi domani dalle nevi
ecco che galleggia sopra di me un Atlante
di sperdimento avvampa
così intensa la musica
ha forma d’arpa il telaio
tutti quei pesi di terracotta
a piombo come ghigliottine
ora stanno in levità di vibrafoni
nel primitivo piegarsi delle spighe
spose che vanno, culle
luce sul confine tra carezza e lama
abbiamo consegnato le ferite
insieme alle armi, preferito la festa
le lunghissime tavole sonore
il miele delle nozze diffuso
tornare nudi su terra nuda
farsi gola d’agnello mille volte
se occorre ancora sangue
per il gocciolio della fine
porte del mondo che ritornano alberi
città come campi da seminare
illuminati a regno piove
un silenzio-beatitudo
sonno infantile, lava che pietrifica
una fila di pietre da riscrivere
A LANGUESILENCE LONG AND HAPPY RAINS
a languagesilence long and happy rains
penetrates petalsongs inside in the
innocent inside, bloodlymphhumus
permeates meaning with without
metal that might resound
from wall to wall from thorn to thorn
dispersed people are startled by touch, reunite
faced with the freezing night
the two towers are gone like mammoths
emerging tomorrow from the snow
now the Atlas mountains float
over me bewildering, burning
the music so intense
the loom looks like a harp
all those terracotta weights
like leaden guillotines
now light as vibraphones
among the primitive bending of wheat
brides ambling, cradles
light on the border between caresses and blades
we’ve handed over the wounds
and our arms, we’ve chosen the feast
its long boisterous tables
wedding honey flowing
we’ll return naked to naked earth
be the lamb’s throat a thousand times over
should blood be required once more
to drip slowly to an end
doors of the world back to trees
cities as fields to be sown
lit like kingdoms it’s raining
beatitude-silence
a child’s sleep, lava that petrifies
there’s still a row of rocks to be rewritten
2.
AL CAPOLINEA
salire sul 160, capolinea paziente
tra i due platani - sempre alla stessa ora -
muta solo l’umore, come le nuvole
uguale la mancanza
il posto che preferisco è quello in fondo
al centro della fila orizzontale, il migliore
per assistere al film, puntuale:
piccola folla composta, in parte seduta in parte in piedi
si parla con sguardi, diffida di chi le sta accanto
lo ama lo cerca lo urta
nell’inclinazione sottile dei corpi
ciecamente affidandosi alla fatalità del moto
ognuno coprendo il suo cosmico tratto di asfaltocielo
e non so perché mi commuove
tutto di questo bus fendinuvole:
la marcia il freno i sobbalzi il contrasto dell’aria
il riflesso sul vetro del pianto stellare
il turbinio del sangue sottopelle
- nostalgia del bigbang - se il cuore
sta meditando di rallentare, predisporsi al viaggio
guardo il treno correre nelle pupille di chi mi è davanti:
piccole locomotive accendersi - un bimbo mi fissa curioso -
curiosa anch’io di vedere la sua fermata di scintille
decido di non scendere ancora
mi abbarbico al sostegno di uscita
(il viale continua oltre la piazza ?)
infine che cosa ho fatto se non
lasciarmi andare sulla scia dei nomi?
amicheamici che mi aiutate a scenderesalire
gioisco del vostro tocco non so darvi in cambio
che qualche ritmo e un brusìo
di un arrivo lontano
che già è partenza
AT THE FIRST STOP
getting on the 160, the patient first stop
between two plane-trees – always at the same time –
only the mood changes, like the clouds
while loss remains
my favourite seat is that one down the back
in the middle of the horizontal row, the best
for watching the film that punctually unfolds:
a small prim crowd, some sitting some standing
chatting with glances, mistrusting whoever’s beside them
loving them looking for them knocking against them
in the gentle give of bodies
blindly resigned to the inevitability of motion
everyone covering his own cosmic bit of asphaltsky
and I don’t know why everything
about this cloud-cutting bus moves me:
the speed the breaks the jolts the contrasting air
the reflection of wailing stars on the glass
the swirling of blood under the skin
-a hankering for the big bang- while my heart
is thinking of slowing down, preparing for the journey
I watch the train go by in the pupils of the person in front of me:
little engines lighting up - a curious child stares at me -
as I am curious to see his sparkling stop
I decide not to get off yet
cling to the pole at the exit
(does the route go beyond the piazza?)
in the end what have I done except
wander willingly over a wake of names?
menwomen friends who help me get on and off
I rejoice in your touch in return can only give
the odd rhythm and the hum
of my arrival long ago
that is already a departure
NOTA
Le due poesie sono tratte dalla sezione INEDITI del volume antologico di Annamaria Ferramosca, OTHER SIGNS, OTHER CIRCLES: A SELECTION OF POEMS: 1990-2009 (Translation and Introduction by Anamaría Crowe Serrano), New York, Chelsea Editions, 2009. Altre poesie di questa raccolta sono state pubblicate, per cortesia dell'autrice e della traduttrice, su numeri precedenti di "Carte allineate".