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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
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ISSN 2009-7123
03/12/10
Shyam Benegal, NISHANT
[Leaves on water, like the floating life (Seoul 2010). Foto di Marzia Poerio]
Shyam Benegal, NISHANT. India, 1975. Sceneggiatura di Vijay Tendulkar. Con Shabana Azmi, Satyadev Dubey, Girish Karnad, Smita Patil, Amrish Puri, Naseeruddun Shah
È un film di impegno, che mette in rilievo le differenze di classe dell’India rurale di quegli anni e la prepotenza dei proprietari terrieri (zamindar), che si estendeva dalla riscossione delle rendite sugli appezzamenti coltivati dai contadini, alla mediazione degli aspetti legali alla gestione dei beni, per arrivare anche allo sfratto e fino all’appropriazione feudale delle donne.
È su quest’ultimo aspetto che è incentrato il film. Vishwam, uno dei fratelli nella famiglia dei proprietari terrieri, quello che inizialmente sembrava morigerato, non dedito all’alcol né violento, si invaghisce di Sushila, la moglie del maestro del villaggio, di recente nomina, e la rapisce con l’aiuto dei fratelli. Da quel momento Sushila è proprietà della famiglia dei possidenti. Il marito tenta di liberarla, dapprima trovando la porta della masseria degli zamindar sbarrata, quindi ricorrendo inutilmente alle polizia e al sistema legale, che non osano mettersi contro i potenti. Ingenerando equivoci addirittura presso la moglie che lo accusa di non riscattarla in un incontro casuale e clandestino in un tempio, in realtà il marito agisce secondo uno schema politico. Coinvolge il villaggio, che ha in un primo momento assistito senza reagire al rapimento, facendo capire ai contadini, con l’aiuto di un religioso induista, che “non ribellarsi all’ingiustizia è peccaminoso”. La popolazione dunque si ribella, ma la situazione sfugge al controllo razionale e la famiglia degli oppressori viene trucidata: muoiono anche la moglie totalmente innocente di Vishwam e Sushila.
Il film adotta un’angolazione neorealista, che rende i particolari quotidiani nel dettaglio naturalistico dei muri scrostati, degli abiti dimessi, dei focolari a terra e così di seguito. La stessa magione dei signori ha qualcosa di maltenuto e il tutto è davvero lontano dalle idealizzazioni del cinema commerciale.
Shabana Azmi nella parte di Sushila conferisce a questo personaggio dignità e sicurezza interiore, mentre al contempo ne mette in rilievo le complicanze quando, ormai divenuta un dato di fatto la sua nuova vita presso i possidenti, cerca di ottenere un suo spazio per lo meno di rispetto esteriore.
Il marito ha un atteggiamento non conformista e non maschilista: contrariamente alle aspettative di alcuni nel paese riprenderebbe presso di sé la moglie, ma una ferita gli impedisce di salvarla dalla furia del popolo.
Anche il religioso che alla fine si ribella ai soprusi agisce secondo schemi anticonformisti, mettendo in crisi lo statu quo e l’immobilismo basato sulle caste e sulle differenziazioni sociali. Nondimeno resta prevaricato dall’esplosione di rabbia popolare, incapacitato a impedire la violenza.
Quale nazione dunque si faceva in quegli anni e di quale futuro si fa anticipatore questo film? Che ottenne premi in India e a livello internazionale.
[Renato Persòli]