Bologna, Lupetti, 2009
Questo volume raccoglie saggi di Baudrillard sul problema indicato dal titolo.
Chi compila queste note di lettura ritiene che indubbiamente la percezione della realtà si sia modificata a contatto con gli strumenti elettronici, soprattutto i media tradizionali e più ancora quelli che producono realtà virtuali; inoltre è un dato di fatto che molti avvenimenti risultino amplificati dalla tendenza dei media alla spettacolarizzazione e alla fabbricazione dei messaggi come testi e in contesti che possono distorcere la notizia nuda e cruda; infine è possibile che esistano modalità di esistenza tra reale e virtuale, confusioni percettive, simulazioni somiglianti al vero. Tutto questo è non solo parte del nostro modo di essere oggi, ma anche della riformulazione della conoscenza del mondo.
Nondimeno, in questa situazione, è tanto più importante conservare proprio il senso della realtà, demistificare i messaggi distorti, cercare la verità, tornare all'essenziale; e anche usare in modo alternativo i nuovi media, utilzzando la simulazione a scopi scientifici e utili all'umanità piuttosto che per fini manipolativi delle informazioni o con connotazioni di intrattenimento e fuga.
Pertanto, anche a questa rilettura di saggi di Baudrillard già visti in passato, si discorda nettamente col suo punto di vista che "non sappiamo più cosa fare del mondo reale. Non si vede più la necessità di questo residuo diventato ingombrante" (pp. 27-28); o, ancor più enfaticamente: "nessuna persona crede fondamentalmente alla realtà e all'evidenza della vita reale" (p. 29).
Noi siamo tra quelli che invece ci credono e che trovarono a suo tempo una distrazione intellettuale forse raffinata, ma di dubbia utilità, la posizione di Baudrilalrd sull'inesistenza della Guerra del Golfo, un paradosso che indicava come fosse stata combattuta mediaticamente; mentre era evidente fin da quella prima Guerra del Golfo che, nonostante le rappresentazioni televisive della guerra pulita e "scientifica", c'erano e come le vittime, le distruzioni, la devastazione reale che quella guerra provocò.
Ci sembrano elucubrazioni di un pensiero che cresce su se stesso da una teoria, anziché verificarsi appunto nella realtà, le successive affermazioni di Baudrillard che "neppure la guerra è rappresentabile, per cui [...] non è possibile rappresentarla, nonostante o proprio a causa dell'irrappresentabilità dell'evento. La guerra dell'Irak e quella del Golfo ne sono state l'esempio più eclatante" (p. 86).
È vero, come indica Baudrillard, che anche le immagini "fanno parte della realtà integrale della guerra" e sono uno strumento di "omogeneizzazione tramite la forza" e che alla "violenza ordinaria della guerra si aggiunge la virtualità digitale delle immagini" (p. 86), ma non appare corrispondente al vero che tali immagini dovrebbero esere diverse da quelle della guerra. Sembra invece che starebbe allo spettatore giudicare, separare il vero dal falso, la propaganda dalla fattualità. Per lo meno, ora che pervengono le immagini della tragedia bellica, a differenza della loro scarsa presenza dovuta alla censura maggiore della prima Guerra del Golfo, è possibile avere una verifica maggiormente proprio reale dell'accaduto.
Su altri punti della riflessione di Baudrillard si potrà invece, se non del tutto, concordare, o meglio utilizzare in funzione critica le sue constatazioni sull'"invenzione della realtà" (p. 77), un fatto che tutti noi siamo in grado di vederci di fronte di continuo.
Difficile infine discordare sul fatto che la realtà sia relativa e soggettiva, ma questo vale, a parere di chi qui scrive, solo se applicato su un piano più psicologico che fattuale, più personale che collettivo.
[Roberto Bertoni]