17/09/10

Gian Paolo Ragnoli, I ME MINE

Non ho vagato per l’America in lungo e in largo
con pochi dollari da spendere, un paio
di Levi’s stracciati e un coltello a serramanico come Bobby McGee..
Ho vissuto la mia vita, come ho saputo fare, tra i compagni..

Non ho camminato con passo felpato per il Taj Mahal
a piedi nudi, ascoltando l’intervallo tra i miei pensieri,
la mia India l’ho cercata qui, in fondo a un cilum che mi diede Alfredo,
nelle notti al curvone, nelle albe in riva al mare.

ho fatto saltare sassi piatti sul mare di Levanto un giorno,
così immobile da udirne ogni respiro, da immaginare che arrivassero in Africa
a giacere su una calda sponda senza dissiparsi sull’acqua,
liberati dal destino di affondare.

Ho amato e sono stato amato, ho tradito e sono stato tradito,
sono stato stupido, a volte ridicolo, ma ogni volta pensavo ne valesse la pena.
Ho cercato di essere Bogart o Marlowe, o una specie di Jean Pierre Leaud.
In qualche momento, esaurite le maschere, sono riuscito ad essere me stesso.

E allora penso che quel groppo in gola che mi rimane,
quel sentire che c’è un discorso interrotto, mai portato a termine
dentro di me siano parte di quel senso d’inquietudine che mi accompagna
da sempre, una cicatrice interiore che copre un sentimento ferito.

“Quando i sentimenti sono feriti
Io sto dalla loro parte, quella dei sentimenti feriti,
schiacciati da martelli insensibili,
fatti sanguinare da chiodi arrugginiti” [1].


NOTE

[1]Bob Dylan, 11 OUTLINED EPITAPHS.

Della poesia nel suo complesso, l'autore scrive: "Questo testo, in cui fingo di togliermi tutte le maschere indossando quella di chi si toglie tutte le maschere, prende il titolo da una canzone di George Harrison sulle miserie dell'ego, una delle ultime canzoni registrate dai Beatles prima di sciogliersi per problemi di ego".