25/06/10

Licia Troisi, FIGLIA DEL SANGUE

Milano, Mondadori, 2009.


Questo romanzo è il secondo della trilogia LEGGENDE DEL MONDO EMERSO, la terza trilogia sul “mondo emerso” di Licia Troisi, autrice nata nel 1980 e di ampia popolarità, soprattutto tra un pubblico di prima adolescenza e in particolare femminile per le eroine che ha creato, battagliere, agili, indipendenti, situate al confine tra il bene e il male, capaci di uccidere senza pietà, pure fragili fino alle lacrime, nonché per il mondo fantastico che dalla matrice di tutto il fantasy contemporaneo, ovvero l’opera di Tolkien, delinea mappe in cui si evidenziano territori immaginari, tracciati peregrinanti come quelli dell’epica con vicende secondarie collegate alla storia principale, infine esseri fantastici come elfi, gnomi, draghi.

In FIGLIA DEL SANGUE, la protagonista è Adhara, creata da Adrass, appartenente alla setta dei Veglianti, utilizzando il cadavere di Elyna, una ragazza deceduta in guerra. Nasce in questo modo, col nome di Adhara, la Sheirinn, cioè la predestinata a sconfiggere Amhal, il campione del male mentre imperversa la guerra che vede la malvagità e la giustizia scontrarsi.

La vicenda principale è la presa di coscienza di Adhara di chi ella sia in realtà, la malattia che guasta parti del suo corpo, il riconoscimento del creatore che la guarisce, odiato dapprima da lei, infine accettato come padre.

Le vicende parallele sono quelle di Amina, nipote della regina Dubhe, personaggio proveniente da una precedente trilogia di Troisi, e addestrata dalla regina riluttante alla guerra; quelle della sacerdotessa Theana; e quelle di Karyn, il fidanzato di Alyna.

La magia prevale: bianca e nera. Il fantastico si assesta su caratteristiche psicofisiche che idealizzano le figure protagoniste come in un fumetto, nondimeno corrispondono a tratti quotidiani in cui il pubblico possa riconoscersi. Il desiderio di avventura, la vendetta, l’ira improvvisa, la difficoltà di crescere verso la saggezza, l’impulso all’amicizia e all’amore, la resistenza alle avversità, l’azione che prevale sulla ponderazione sembrano tutti tratti di identificazione per i lettori, soprattutto le lettrici adolescenti.

Non c’è un’ideologia specifica, se non la lotta contro il male che presuppone però, modernamente, anche l’uso della violenza. Che i personaggi non siano del tutto buoni o cattivi è un altro segno di disposizione etica di stampo contemporaneo. Adhara, anzi, nota che “il bene e il male […] adesso le sipresentavano camuffati, difficili da riconoscere” (p. 88).

Il modello linguistico utilizzato è standard, semplice, chiaro.

Il mondo fantastico è attualizzato con tratti anticati più che filologici, com’è oggi predominante in questo genere di narrativa.

Va ammesso che la narrazione è avvincente, trascina verso la conclusione.

Meno esaltante il gusto acre del sangue nonché qualche tono melodrammatico.

Ecco un breve estratto che pare includere in sé tanto la problematica esistenziale dell’identità, propria del mondo giovanile, quanto l’esagerazione dei toni, la spinta verso la commozione:

“‘Sono io che ti ho creata’, disse Adrass guardandola di sottecchi. “E so che di quell’anima non c’è più traccia. Dentro il tuo copro c’è solo quanto io ho voluto infondervi: le conoscenze sulla magia, sul Mondo Emerso e l’abilità di combattere”.

“Questa è la bugia che ti racconti per giustificare le cose terribili che hai fatto. Io sono una persona a tutti gli effetti!”. Più che un grido, il suo parve un lamento disperato.

“O forse sei tu che ti illudi di essere qualcosa di più di un’arma”.

In verità, come nel Golem, in Frankenstein, fino ai robot e ai replicanti della fantascienza, il creatore ha costruito una funzione, una macchina, ma questa poi prende tratti umani, cerca la propria anima. Come tutti noi.


[Roberto Bertoni]