03/12/09

Paola Polito, IL PAESAGGIO DI BIAMONTI: UNA COSTELLAZIONE SINESTESICA


[Saorge. Foto di Marzia Poerio]


Il paesaggio come rappresentazione [1]

Il paesaggio rappresentato non ha propriamente un carattere oggettivo, ma è invece il prodotto dell’esperienza che il soggetto fa dell’ambiente, dell’interpretazione e della ritrascrizione che l’esperiente ne dà: è una costruzione culturale. Il territorio, rappresentato individualmente e collettivamente, diventa ‘paesaggio’, ‘testo’ da leggere, indagare e, a sua volta, interpretare. È questa testualizzazione, o letteraturizzazione, a interessare qui. Non è un caso che gli stessi geografi siano molto attenti alla dimensione del paesaggio nella cultura popolare o nei resoconti di viaggio, oltre che alla percezione e resa letteraria di precisi ambienti geografici in testi poetici e narrativi, quali imprescindibili fonti di conoscenza sul rapporto uomo-ambiente, come afferma Quaini: “[…] il paesaggio non è interessante come categoria analitica per leggere l’ambiente o il territorio in termini scientifici, ma lo è in quanto contenitore di miti, sogni ed emozioni, in quanto accumulatore di metafore per capire le contraddizioni e i problemi del nostro tempo”.

Studiando il trattamento letterario del paesaggio ligure viene da chiedersi se il paesaggio ligure non possa essere considerato un “modello cognitivo”, cioè un sistema capace di organizzare (strutturare, “performare”) attività mentali quali attenzione, percezione, riconoscimento, memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, espressione, comunicazione… in una parola: la conoscenza [Polito 2008, pp. 1-4].


Background teorico: teorie cognitiviste e semiotica del paesaggio

Per un approccio al paesaggio letterario, prendendo spunto dalle teorie cognitiviste di Lakoff, Johnson, Turner e Fauconnier, trovo produttive alcune acquisizioni di base, quali:

- l’esistenza di un nesso tra esperienza dello spazio e categorizzazione;

- l’idea che possibilità e vincoli relativi alla fisicità corporea del soggetto e dell’ambiente forniscano dei patterns preferenziali, delle linee direttrici di concettualizzazione (si pensi alla resa spaziale del tempo), per cui il sistema concettuale legato all’esperienza fisica dell’ambiente si esprimerebbe mediante immagini linguistiche motivate da strutture soggiacenti, inerenti all’esperienza mediata dal corpo;

- l’idea che il dominio “concreto” e noto goda di una più agevole e valida rappresentabilità mentale, così che la rappresentazione di tale dominio “sorgente” viene trasferita sul dominio più astratto o meno noto, definibile come dominio “bersaglio”, del quale sarebbe meno agevole una rappresentazione non mediata (e ciò vale per i procedimenti figurali più semplici, quali le esemplificazioni, come per i più complessi, come la metafora o l’allegoria).

Nello specifico della semiotica del paesaggio, poi, è di interesse la “dinamizzazione” dell’idea romantica della corrispondenza tra uno stato d’animo interiore e uno stato dell’ambiente naturale [Carus 1827] operata da Merleau-Ponty, dov’egli parla di una “proiezione” del sentire umano sullo spazio-ambiente, il quale ultimo a sua volta si “aggancia” o “ancora” a noi, avendo con tale “embrayage” il potere di trasformarci; fino all’aggiornamento della fenomenologia merleaupontiana nella nozione di paesaggio come “campo esperienziale”, in alcuni scritti di Fontanille (2003 e 2004).


Il paesaggio ligure: una costruzione letteraria

La lettura di autori liguri, come Boine, Sbarbaro, Montale, Calvino, Biamonti, Maggiani, evidenzia la presenza di alcune costanti estrapolabili dalla pur varia rappresentazione ambientale [Polito 2008]:

- la stilizzazione del paesaggio attraverso immagini che inducono il riconoscimento ambientale,

- il configurarsi di una precisa costellazione /paesaggio/,

- l’associazione a tale costellazione di tematiche esistenziali novecentesche (sentimento della crisi, esperienza della frattura del soggetto…),

- il formarsi di una "tradizione" (riscontrabile in un’intertestualità diffusa, più o meno evidente, più o meno dichiarata) di modalità rappresentative e associazioni/correlazioni concettuali

- l’elaborazione di una vera e propria "mitologia" del paesaggio ligure.


Il paesaggio di Francesco Biamonti

Per l’opera di Biamonti la critica è generalmente concorde nel rilevare il ruolo protagonistico del paesaggio ligure, anche se meglio sarebbe parlare di vera e propria "costruzione" di un paesaggio testuale "dato come ligure". E allora sarà fondamentale vederne le caratteristiche. Se poi, come io credo, queste ultime abbiano anche qualcosa in comune con la costruzione del paesaggio in altri autori liguri, esula da questo intervento, ma rimando a Polito 2008, per un tentativo di sistematizzazione della “ligusticità” come struttura cognitiva (nel percorso dalla percezione alla testualizzazione e alle sue modalità).

Anche quantitativamente, le descrizioni di paesaggio sono nell’opera di Biamonti più importanti del peso delle vicende narrate, ne costituiscono la tessitura musicale di fondo, fatta di epifanie contrappuntistiche al dettato molto frammentato ed esile di una narrazione caratterizzata da reticenza, allusione, understatement. Là dove il tempo è malato, il mondo moribondo, il territorio devastato, la vicenda naturale affianca l’umana e la soccorre, intervenendo a riempirne le soste, a figurativizzarne con pudico spostamento i momenti di maggiore e insostenibile pathos, a consolare come struggente dono di superstite bellezza in un cronotopo agonizzante.

La rappresentazione biamontiana del paesaggio costituisce una costruzione idiolettica del paesaggio ligure, che - nella scia di una lunga tradizione di ligusticità letteraria - arricchisce il paradigma e al contempo lo rifonda, inducendo il riconoscimento ambientale ma anche puntando a una emblematicità del locale in senso decisamente anti-naturalistico, a effetto straniante. Ciò vale così per gli aspetti linguistici più localistici: “[…] i termini della Liguria occidentale e i provenzalismi (frequenti, entrambi, in VENTO LARGO) non rientrano in nessun canone realistico. Ma, grazie anche ad una sintassi rastremata sino alla trasparenza, alludono ad un orizzonte esistenziale scandito dal gioco di accordi e dissonanze tra paesaggio naturale e paesaggio interiore” [Testa, p. 344]. Vale inoltre per gli aspetti ambientali più ligustici o dati come tali.

Le caratteristiche che Biamonti predilige nella propria percezione dell’ambiente si ancorano ed agiscono anche sul livello enunciativo, sortendo uno stile che lo scrittore definisce di “arido lirismo”:

“Va da sé che i fenomeni della realtà appaiono col loro carattere precario, fenomeni fra due nulla, ma sfolgoranti di luce. Tipica luce di mare che si salda ai crinali e alle cime e che rovescia su ciò che accade un arido lirismo. Ho spogliato la parola perché si caricasse di essere. Le parole, i soliloqui restano ancora l’essenza dell’uomo” [Biamonti 1998, p. 19].

Il “lirismo” biamontiano è un aspetto indagato da Picconi in un saggio in cui individua la poeticità della prosa biamontiana nelle qualità prosodiche e nei cambiamenti ritmici che seguono un tracciato oscillante tra due diversi registri. Tale oscillazione imprime alla ritmica del testo una instabilità che vira incessantemente di direzione, a rischio continuo di silenzio, paralisi, smemoramento. Rischio però sempre evitato dove si manifesta la “volontà di districarsi dall’oggetto ed ergersi a soggetto della propria scrittura”.

Su questa stessa linea di indagine della poeticità in prosa, nella mia analisi dell’opera biamontiana vorrei mostrare a livello testuale, frasale e interfrasale, l’impiego di procedimenti per eccellenza poetici (di cui si ha un precedente magistrale in Montale, prevalentemente in OSSI): ciò che nel trattamento biamontiamo del paesaggio chiamerò qui di séguito “slittamento d’àmbiti” è un procedimento figurale fondato su metafore a carattere dinamico, che allestisce una rappresentazione drammatica degli elementi naturali presentati come energie in azione, con esiti antinaturalistici, metafisici.

La costellazione /paesaggio/ in Biamonti trova dichiaratamente nel “mare, cielo, vento” le “realtà in cui si rispecchiano gli uomini”, le costanti di fondo che in varie ipostasi si intercalano ai minimi eventi di una vicenda umana tratteggiata “in levare”, affidata (più che ai fatti) alla conversazione franta dei pochi personaggi, dove l’alludere prevale sul dichiarare e il punto di vista s’avvale della distanza contemplativa e riflessiva favorita dalla verticalità dello sguardo sul mondo cui costringe la geografia dei luoghi. Verticalità, distanza, separatezza predisponente alla meditazione, che si traducono in un dialogare irrealistico, essenzialmente monologante:

“Mare, cielo e vento sono le realtà in cui si rispecchiano gli uomini; i fatti sono pochi, come conviene a epoche di trapasso, ma alonati da conversazioni che affondano nella storia e, apparentemente dimessa, si interrogano sulla condizione del mondo. […] È destino umano abitare un mondo, ma è anche destino sognarne un altro ricomposto nella pace, nella verticalità dello sguardo” [Biamonti 1998, p. 19].

In questa verticalità rientra il topos del /mare visto dall’alto/, fortemente codificato dalla tradizione letteraria ligure [2].


La rappresentazione cinestesica degli elementi naturali: metamorfosi e sinestesie

Ma vediamo testualmente in cosa consista e come si realizzi la dimensione metamorfico-sinestesica nel trattamento biamontiano del paesaggio.

L’analisi verterà su alcune relazioni fra le componenti lessicali referenti semanticamente a elementi naturali. Renderò qui conto di procedimenti che possono essere ascritti allo “stile biamontiano”, in virtù della loro frequentissima ricorrenza, ma che costituiscono una costante dell’immaginario “ligustico” in generale, la cui sintassi si è precisata e andata codificando soprattutto grazie agli OSSI montaliani:


1. Associazione di elementi, a coppia:

"luce" e "vento" - andava a fare la stagione di lavanda sugli altopiani di luce e di vento (VL: 9);

"mare" e "cielo" - Guardare il mare, guardare il cielo [PN, p. 43] [3];

"terra" e "mare" - Terra in rovina, mare pure [PN, p. 64];

"cielo" e "vento" - Ma la vita dov’era, fuori delle sciabolate del cielo, fuori del vento? [AsM, p. 25];

"aria" e "mare" - L’aria era vellutata; il mare, calmo (VL:101).


2. Mediazione fra elementi

Il /vento/: mediatore di /luce/ e /ombra/

- …una luce spinta dal vento [AnA, p. 95],

- La luce che il vento muoveva [VL: 20],

- Un vento leggero abbatteva sul mare qualche ombra [VL: 102];

- E il vento di mare a quest’ora porta il pallore alle pietre [VL: 105],

- Venivano i venti e ne [del cielo] portavano i chiarori [AsM: 66].


3. Prestito d’attributi e predicati


3.a. 1. da /vento/ a /luce/:

- Entrava una luce bianca, a folate [AnA: 84],

- Batteva sul pendio una luce netta, quasi un alito a suggerire tenerezze [AsM: 56].


3.a. 2. tramite metafore genitivali:

- Raffiche di luce opalescente [VL: 19]

- …colpi di luce sui crinali [AsM: 41]

- Colpi di sole rendevano la terra colore del bronzo [AsM: 21]

- …ci sono colpi di sole su terre appese [AsM: 115]

- …in un alito di luce [AsM: 55]


3.b. da /luce/ a /vento/

- quei greppi lucidi di vento [AnA: 33],

- C’era un vento leggero che splendeva sul mare [AnA: 86],

- Ora la brezza di mezzogiorno illuminava gli ulivi [AnA: 115],

- nella luce del mistral [AnA: 119],

- Un po’ di vento si curvava sui muretti e riluceva [PN: 24],

- Il cielo sfolgorava sui pallori del vento [PN: 66].


3.c. da /vento/ e /luce/ a /mare/

- il mare, ancora illune, era solo un soffio [PN: 27];

- Il mare, in fondo, sotto un precipizio, mandava dei barlumi [PN: 74]


3.d. da /mare/ a /luce/

- Una luce bianca saliva, a ondate, dalle rive del mare [VL: 24],

- Si vedeva un mare alto che portava a riva secche ondate di sole [PN: 107],

- Luce ondosa [AsM: 80].


3.e. altri slittamenti sinestesici


"mare" e "terra"

- L’onda di roccia […]: ferma lassù, piena di luce [AnA: 19]

- una marea di costoni [AnA: 113],


"cielo" e "mare"

- /… / quel mare alto e muto come un cielo [AnA: 11].


Il paesaggio rappresentato da Biamonti in questi esempi è la risultante di un lavoro di grande astrazione operata sui dati ambientali, ricomposti sulla pagina in uno scenario metafisico, non statico ma mosso da incessante metamorfismo: da un flusso di sottofondo, indistinto e grigio, fatto di silenzi e pause, di non detto e non descritto (“vuoto”, appunto, come Biamonti dichiarava nell’intervista del 1998), emergono epifanie di elementi smaterializzati, trattati come pura energia, impegnati in un continuo movimento sinergico che sfocia in una dinamizzazione metamorfica resa prevalentemente con il procedimento della sinestesia.


NOTE

[1] Testo dell’omonima comunicazione, tenuta dall’autrice il 24 ottobre 2009 per il ciclo d’incontri “D’OTTOBRE FRANCESCO... 2009”, organizzati dall’Associazione “Amici di Francesco Biamonti” e del Comune di San Biagio della Cima, presso il Centro Polivalente “Le rose” (San Biagio della Cima, Imperia). La comunicazione trae spunto da Polito 2008 sul trattamento letterario del paesaggio ligure: 1-48, su Biamonti: 31-40.

[2] Per i topoi legati al mare nell’immaginario ligure, cfr., qui su “Carte allineate”, Polito 25-9-2009.


BIBLIOGRAFIA

F. Biamonti, L’ANGELO DI AVRIGUE [AnA], 1983; VENTO LARGO [VL], 1991; ATTESA SUL MARE [AsM], 1994; LE PAROLE LA NOTTE [PN], 1998: tutti Torino, Einaudi. RACCONTO L’AMBIENTE DI UN TEMPO MALATO. È QUESTO IL MIO “LE PAROLE LA NOTTE”, “Il Secolo XIX”: 13-9-1998, p. 19.

C. G. Carus, LETTERE SULLA PITTURA DI PAESAGGIO, a cura di A. Nigro, Pordenone, Studio Tesi, 1991.

J. Fontanille, FIGURE DEL CORPO. PER UNA SEMIOTICA DELL’IMPRONTA, Roma, Meltemi, 2004; PAESAGGIO, ESPERIENZA ED ESISTENZA, “Semiotiche”, 1, 2003, pp. 73-100.

M. Johnson, , THE BODY IN THE MIND. THE BODILY BASIS OF MEANING, IMAGINATION, AND REASON, University of Chicago Press, 1987.

G. Lakoff e M. Johnson, METAPHORS WE LIVE BY, University of Chicago Press, 1980.

M. Merleau-Ponty, PHÉNOMENOLOGIE DE LA PERCEPTION, Parigi, Gallimard 1945.

G.L. Picconi, LA PROSODIA DEL MONDO: VENTO LARGO DI FRANCESCO BIAMONTI, “Istmi”, 2007, pp. 39-75.

P. Polito, “LIGUSTICITÀ”: LA LETTERATURIZZAZIONE DEL PAESAGGIO, in SENTIERI LIGURI PER VIAGGIATORI NORDICI, Firenze, Olschki, 2008, pp. 1-47; recensione a IL SENSO DEL GOLFO. DALLA FOCE DELLA MAGRA ALLE CINQUE TERRE, “Carte allineate”, 25-9-2009.

M. Quaini, MITI, SOGNI, EMOZIONI: NON INGABBIARE IL PAESAGGIO, “La Stampa”, 22-4-2006.

E. Testa, LO STILE SEMPLICE, Torino, Einaudi, 1997.

M. Turner, COMPRESSION AND REPRESENTATION, “Language and Literature”, XV.1, 2006, pp. 17–27.

M. Turner e G. Fauconnier, THE WAY WE THINK: CONCEPTUAL BLENDING AND THE MIND’S HIDDEN COMPLEXITIES, New York, Basic Books, 2002.