29/08/08

Melania G. Mazzucco, VITA


[Life as happening in a double decker home. Foto di Marzia Poerio]


VITA racconta una vicenda biografica, storica e sociale che frammischia vari generi: il romanzo, la testimonianza e il saggio, disposti a capitoli intercalati con ritmo non simmetrico.

La parte propriamente romanzata parte dal viaggio di Vita a nove anni e di Diamante di dodici anni dal paese di Tufo fino a New York per andare dal padre di lei, che convive con una donna diversa dalla madre rimasta in Italia, circondato da parenti e amici in condizioni di povertà e sfortuna, con lo sfondo della Mano Nera, del proletariato di immigrazione. La storia di affetto dei due ragazzi si trasforma in un fidanzamento contrastato e reso difficoltoso da ostacoli reali eppure somiglianti alle prove della fiaba e dell'epica: il lavoro di Diamante in condizioni di semiservitù presso un cantiere remoto delle ferrovie statunitensi; la caduta di VIta negli intrighi di un seduttore mafioso; il ritrovamento da parte di Diamante, la difficoltà di perdonare; un destino, in parte, ma in parte decisioni di prospettive che riportano Diamante in Italia verso un impiego qualunque e lasciano Vita a New York, dove fonda un ristorante di successo, arricchendosi. In Italia durante la seconda guerra mondiale, Dy, il figlio di Vita, ritrova Roberto, il figlio di Diamante: i due collaboreranno dalle sponde opposte dell'Atlantico per un certo periodo. Sarà Vita, rimasta vedova come Diamante, a cercarlo in età avanzata in Italia, proponendogli di vivere assieme proprio prima della morte di lui.

Su questa vicenda, più complicata di come la si è riassunta, e caratterizzata anche da storie secondarie di altri personaggi, si innesta la ricerca di archivio, macrostoria sociale e microstoria quotidiana sulle condizioni di vita degli emigranti a partire dal primo Novecento, che connota di realismo documentario la narrazione della traversata intercontinentale, la descrizione degli interni e delle strade d'America fino alla resa accurata di pezzi d'Italia tra anni Quaranta e Cinquanta.

Al contempo l'autrice, narrando in prima persona, rende conto in vari capitoli delle proprie visite ad archivi e documenti familiari sulla famiglia Mazzucco, affermando talora che quanto narra si è svolto secondo i fatti accertati (o dati come tali), talaltra per ipotesi ove la documentazione non sostenga il racconto, che così dimostra di essere quello che è: narrazione nata dal reale e che lo modifica nel suo svolgersi, contribuendo però allo stesso tempo a colmare i vuoti della memoria storica e personale, dunque sfociando in una conoscenza più completa, secondo un modello realistico-congetturale che costituisce un elemento di interesse di questa come di altre narrazioni di Mazzucco.

Corredato anche da materiale iconografico, il presente indicativo dà l'impressione che la storia di VITA si svolga come identificando un prototipo di personaggio a emblema di tutte le persone che rappresenta: quegli emigranti, quelle infelicità, quei drammi; ma alternandosi col passato remoto torna continuamente al tempo del narrato, allo spazio del fittizio. La musica appare tramite riferimenti a Caruso, che la protagonista finge nella propria immaginazione essere suo padre e che incontra nella realtà illusoria del romanzo.

Una storia sentimentale tanto assoluta, in parte volutamente melodrammatica, è inserita in un ambiente antiretorico, in cui pare che accanto alla coerenza sentimentale che dura il corso di un'intera vita si accompagnino, nel contorno sociale, prevaricazioni, battaglie tra poveri, incomprensioni reciproche tra Stato ed emigranti, la presenza opprimente della mafia.

Si tratta di un romanzo intelligente, ben costruito, chiaro nonostante le segmentazioni temporali e spaziali, dettagliato e connotativo nel linguaggio che si adatta alla portata di ogni lettore senza perdere in incisività [1].


NOTA

[1] Tra la critica su VITA in Internet, si veda D. Perrone ("Lo specchio di carta", 2004), che contiene links anche a commenti di altre saggiste su vari capitoli del romanzo di Mazzucco.


[Roberto Bertoni]