13/08/08

Cecilia Rofena, AGONICHE. SETTE VARIAZIONI SU SEMPLICI MOSSE INTERIORI. POESIE 2000-2005

Verona, Anterem Edizioni, 2007

Un lavoro che torce le parole, le rivolta, le spreme, le scompone e le monta in maniera differente andando a cercare non il senso canonico, ma guardando fra gli interstizi, quasi che il significato fosse un ponte gettato fra sillabe pressoché omofoniche: “Vespero l’inghiotte crepuscolo, \ vespro della beata amicizia, \ valetudini d’onore e valore \ vale all’oblio della notte ostacolo”. Senso è ciò che vive ovunque, che alligna sui sonori confini, che penzola fra i versi, che s’annoda ove sono cesure. Sonorità flautate e desuete ci portano a cavallo di un’onda a percorrere marine distanze in pochi istanti, quanto dura la lettura di dieci versi non avari, una volta che l’onda ci abbia deposti sulla riva, di profitto: abbiamo compreso poetico senso, abbiamo riallacciato attraverso il suono le vie dei sensi che parevano interrotte, abbiamo riattivato significati che giacevano inerti, non più tentati. Non è forse in questo che consiste il vero lavoro della conoscenza in senso lato: creare/riattivare legami e relazioni che parevano cosa morta o inutile o semplicemente cosa non ancora veduta? “e nuova la sera sopravviene \ lo sguardo d’alabastro traspare \ un senso che prende per mano \ la musica avvicinando”. E Cecilia Rofena li saggia tutti i modi per far scaturire dalle cose sfiorate dallo sguardo il suono interiore che si fa corporeo. E qui sarebbe facile per noi dire che il suono che esala fluente dalle poesie della Rofena sia coincidente con quello che proviene dalle stesse cose osservate. Il rumore delle onde del mare è altro dalla sonorità che le parole tessono. Che siano riconoscibili come simili è un miracolo che avviene raramente. Nella poesia della Rofena accade, appunto. E accade senza che mai vi sia rinunzia a un significato individuabile con precisione, senza che mai vi si rinunci ai valori sintattici. È attraverso il suono che avviene quella impalpabile lievitazione di significati che dal senso precipuo espande nell’aria la propria farinosa sostanza disegnando ulteriori costellazioni di senso. Corre obbligo sottolineare come la poesia della Rofena sia una poesia armata di tutto punto, una solida costruzione concettuale: “eterno è il mutamento, natura \ è vivere a tempo, infine \ paterno è insegnamento, \ storia è infanzia \ verità del tempo”.

E se poesia è sempre autobiografia, quella di Cecilia è intessuta di ricordi che vengono da trascorsi secoli, da ambiti antichi, fusi eppure individuabili al tempo stesso. E, in particolare, all’interno dei generici ambiti culturali, s’individua frequentemente presente l’ambito geografico, dove la geografia si fa leggendo i luoghi, ascoltandone i rumori, riconoscendo la traccia umana: “Mani a raccogliere i frutti \ giri interrotti fra cielo e terra \ salenti dirupi, salienti scambi \ fra nubi e numi i sentieri”. Né ultimo in ordine d’importanza è il colloquio continuo e inesauribile, indifferente alla soluzione unitaria che riassorba in sé i concetti opposti, tra dimensione metafisica e dimensione fisica. Vi è, infatti, un dialogo incessante, nella nostra esistenza, fra l’anelito a sentire l’infinito e l’ancorarsi agli episodi quotidiani, ma entrambi i due estremi provengono dalla medesima natura e dunque la Rofena, sulla scorta della lezione di Wittgenstein, mostra che a saper vedere si scorge che tutto non solo può coesistere, nella descrizione, ma che può combaciare se sappiamo attuare un’esperta mediazione, non totalizzante, non mai esaustiva, fra natura, cultura, percezione, sentimento e ragione: “Eppure l’onda ricorda \ e a volte sprofonda \ più fonda la verità accorda \ al reale carità e fonda \ da sola la realtà \ eolica corda”. Ecco, dunque, che il lavoro del poeta è ricreazione del mondo che abitiamo, poiché fa del mondo di uno solo il mondo di tutti.

[Rosa Pierno]



DUE POESIE DI CECILIA ROFENA


1.

IN ESISTENTE

Infinito
sciogliersi
nel petto
finissimo
pianissimo

trama

a perdersi in fondo
un soffio d’alito breve
ripetersi basso e alto

trema

si spezza il fiato
infinito anelito
oltre se stesso

perdersi di nuovo
l’uno per l’altra
perdersi in iato.


2.

DACCAPO

Eterna mente

Sempre l’eterno ti sfugge
e apparti frammenti di te,
d’eventi, d’istanti, secondi.
Rammendi le parti.

Rammendi le parti,
attendi i ricordi distanti,
parti frante, spiaggia
dell’onda di memoria

bagna la riva che ti tocca,
ricorda l’io, s’infrange
e trabocca di sensi,
segni, segui sempre

il sempre vivente
non si spegne l’eterno
rifulgere t’affonda
d’ora in ora, d’ora in poi

rifugge l’onda e sempre
riafferri il senso,
luce che t’inonda
è aurora, rintocca

e inventi l’eterno
ora per ora,
sempre di nuovo,
sulla tua bocca.



NOTA

AGOGICHE di Cecilia Rofena è vincitore del Premio Speciale della Giuria Opere Scelte - Regione Veneto.