09/02/08

Tiziano Salari, IL FRUSCIO DELL'ESSERE


[Being can be as illusory as a stone flower. Foto di Marzia Poerio]


"desiderio montante
alle finestre di latte
nella pausa
tra un giorno e l'altro".

Con questa strofa si apre l'ultimo libro di Tiziano Salari, IL FRUSCIO DELL'ESSERE (Salerno, Nuova Frontiera, 2007; con un saggio di Mario Fresa).

Il sostantivo "latte", inconsueto nella sua poesia, richiamato dal participio-aggettivo "montante", non lascia equivoci su un riferimento ellittico e quasi inconscio alla viva disponibilità di un seno materno. Al godimento elementare e vitale degli inizi, ancora eccezionalmente mi pare, si torna a fare riferimento in una lunga similitudine che dovrebbe alludere alle "feste di scrittura", nella poesia omonima:

"e nell'alto del seggiolone trascorre i giorni nebbiosi da re,
ma ricchi di godimento quando succhia il seno materno,
il latte puro fornito sontuosamente dalla montata lattea,
e lei sorride estatica componendo il quadro Madonna con Bambino".

Non ci sfugge certo che, nei versi precedenti a quelli qui citati, l'infante onnipotente regna su un tempo opaco, "nebbioso" appunto, e neppure che il primo gesto in cui vediamo fissata la sua immagine è l'atto di scagliare rabbiosamente, lontano da sé il suo giocattolo. Né infine dimentichiamo l'Ombra, che "si stende sulle tenere membra" e destina il giovane nato a essere ancora e sempre, fatalmente, un innocente-colpevole, un Edipo assassino del padre.

Tuttavia ci atteniamo soprattutto a quella parte della metafora dove il poeta, fatto oggetto alla sua stessa riflessione, si riconosce la mania di signoreggiare il mondo, di tenerlo in mano, come fosse il giocattolo su cui reclamare il possesso. Ma dov'è per lui il nutrimento abbondante che lo placa?

Troppi sono gli specchi che trova disposti lungo il percorso delle sue giornate, che tendono a farlo regredire alla condizione dell'impotente bambino, mentre resta nascosta la fonte che placherebbe la sete: "e oggi più che mai viene alla mente / la sete che ci divora quando passiamo / il rasoio sulla faccia davanti allo specchio". Più grave forse del destino di Edipo è la condanna di Narciso, inganno sulla realtà e equivoco sull'amore, che resta in agguato. La tentazione mortale di trovare piacere solo nel riverbero di sé e del proprio dolore, produce l'incapacità di compiere il passaggio difficile e necessario verso la virile, adulta, accettazione delle leggi dell'esistenza: "Narciso evocato / alla fonte del terrore".

Conosciamo bene, come obbiettivo della poesia di Tiziano Salari, il tentativo di dire l'indicibile, eppure là dove compone quadri riconoscibili, dove una o più parole del parlare quotidiano campeggiano, nasce un'immagine che la sensibilità del lettore memorizza. È il caso, tra gli altri appena citati, della poesia a pagina 10:

"dentro è tutto regolare
nel senso delle finestre e delle porte
quando abbassi le maniglie
le resistenze dell'aria svaniscono
racchiuso in una bottiglia il passato
scrivi:
'il saccheggio bianco del mattino'".

È di poetica evidenza questo congedo dalla notte: avverto concretamente il riparo che offre l'interno, confortevole e protettivo ("regolare"), la pace che dona l'aver verificato la chiusura di tutti gli accessi alla casa. È in quel momento, quando il buio cede alla luce e il poeta ha deciso infine di abbandonarsi al sonno, che la poesia detta la sua frase, intorno alla quale la situazione si compone, con naturale evidenza.

L'attimo in cui questa poesia è nata lo vedo, sono presente. Non è necessario che la mia visione-ricostruzione corrisponda a una cronachistica verità, perché, credo che un'espressione poetica raggiunga il suo fine quando è rivissuta e, per così dire, ri-animata dalla fantasia del lettore. Che corrisponde ad altro momento rispetto all'analisi critica puntuale e testuale, che viene prima o dopo, e rimane tuttavia strumentale a quella "personale", visionaria fruizione.

Entro dunque nella serrata dimora del poeta dagli interstizi di porte e finestre chiuse, da cui filtrano parole che mi raggiungono. Queste parole non sono quelle accompagnate da aggettivazioni estreme per dire l'indicibile sofferenza e il mistero dell'ordine materiale. Per me, le individuo in quelle che "accadono" quando cessano di essere ricercate, quando la frustrazione sembra giunta allo stremo. È allora che si fissano con agilità sul foglio, perché il poeta, come una vergine prudente, ha saputo vegliare, cogliere l'ora del giorno, il momento di grazia.

Ho cercato di snidare dalle pagine di questo libro un Salari non tanto poeta dell'"orrore" e del "niente"(pagina 5) quanto, più felicemente, del quotidiano sguardo, del diurno movimento del sole, se non proprio solare.

Albeggia infatti, con colori di perla, in più di una poesia di questo libro. L'alba è, qui, un momento privilegiato, perché, l'abbiamo detto, pacifica il suo poeta, ricacciando la notte e l'incubo della morte necessaria, disponendo lui al riposo.

Più in generale tuttavia una delle maggiori fonti d'ispirazione sono i colori e le forme che il movimento apparente del sole provoca nel cielo. Perciò certo quelli che il poeta osserva nel momento del trapasso anche "verso" la notte, all'ora del tramonto, cui sono dedicate alcune sentite pagine di prosa poetica.


[Piera Mattei]