12/07/07

FRISA, LO SPECCHIO, L'ACQUA


[Come uno specchio il vetro sul mondo (Museo a Galway). Foto di Paola Polito]


Nei testi di Lucetta Frisa, lo specchio si associa a Thánatos e al motivo dell'identità.

Nella raccolta NOTTE ALTA (1997) [1], in una poesia intitolata FIAMMA, la simbiosi tra specchio e morte è condizionata dal passare del tempo e vista nell'oscurità: "Meditare [...] / [...] / uno specchio, un teschio, il mio corpo / in mezzo alla notte della stanza" [N, 9].

Lo specchio con la morte si ritrova in NERO, connotato da un aspetto onirico: "Dentro gli specchi aperti e dentro i sogni / parlano i morti e io più non comprendo / le frasi di quaggiù" [N, 14].

Nel volume SE FOSSIMO IMMORTALI (2006) [2], sul piano dell'identità, nel mondo dei vivi, si assiste a una moltiplicazione dell'io; come si legge in TERZO AUTORITRATTO NOTTURNO, lo specchio "continua a raddoppiarmi e sdoppiarmi e fa di me / ciò che vuole". La ricerca sull'identità ha come risultato il riscontro della condizione umana frammentata della tarda modernità [S, 54].

Lo specchio di Frisa propone dubbi su chi siamo; c'è anche un'irritazione, forse un'insofferenza per un eccessivo insistere contemporaneo sulla soggettività che tenta di sapere troppo su di sé. Tali considerazioni nascono da versi come i seguenti, tratti da COME FANNO I PAZZI: "ci basta / una parola per rovesciare gli specchi" e "che cosa sapranno / di noi che cosa siamo e non siamo?" [S, 32]. Meglio anzi eliminarla la certezza dell'identità, sembra suggerire Frisa. In OTTAVO AUTORITRATTO NOTTURNO, guardarsi allo specchio confina infatti con una "cancellazione": "[...] chi diceva / che non sapremo mai chi siamo e specchiarsi / attendendo nomi dagli altri occhi è attesa / di cancellazione" [S, 63].

Nel vetro dello specchio di Frisa, non si sa più con certezza come risulti l'esistenza, che pare fluttuare tra "interferenze" che disturbano l'interpretazione di ciò che si contempla, di ciò che si è vissuto; in PERSONA leggiamo: "Come distinguere le interferenze / nel vetro dello specchio / la fiamma dal fuoco / il fuoco dall'incendio / l'incendio dal rogo / il rogo dall'assoluto rosso / che genera riflessi cenere storie" [S, 22].

Si nota infine il simbolo dell'acqua, intesa come scorrere, segno del femminile: "l'acqua mia madre", in VASO ETRUSCO [S, 9]. Nella poesia L'AFFETTO, l'elemento fluido è associato all'identità per mezzo di un'equiparazione con gli specchi"quando scopersi l'acqua mi specchiai" [S, 11]. Tramite l'acqua intesa come specchio si torna anche alla morte; ma si ha al contempo un significato diverso e sociale, riposto nell'immagine figurale della condizione liquida in cui, come la designa Zigmunt Bauman [3], oggi ci troviamo. In tale contesto, Frisa individua una difficoltà petrosa di resistere in vita. In LETTERA AGLI ANNEGATI, leggiamo:

"La prima lotta fu uscire da un ventre
verso l'asciutto vuoto verticale
l'ultima è il ritorno all'acqua.
Lo sai che i pesci tacciono muoiono
non tentano nessun limite nuotano
nella rete chiusa del mare.
Può ancora respirare chi continua a scrivere
lettere agli annegati
e chiedere eternamente quale fessura
fine di sasso separi
chi fugge da chi resiste" [S, 41].

Interloquendo anche in prosa, Frisa commenta:

"È il concetto di fluidità che domina, direi, il pensiero moderno come ogni opera letteraria. Proprio la fluidità è, in un certo senso, il risultato del dissolvimento di un'arcaica fissità-solidità-rigidità strutturale. Fluidità che, se da una parte supera la fissità dello sguardo narcisistico rivolto esclusivamente su di sé - sguardo e specchio fermo, fisso, pietrificato sul proprio limitato piccolo io che viene proiettato su tutto il circostante, e ne assume la figura. Al contrario, lo specchio-sguardo fluido, supera il limite della propria morte individuale, si allarga, riflette come un'acqua trascorrente il circostante che perde la compattezza del volto-sguardo di Narciso per assumere quello della realtà molteplice, poliedrica, frammentata e inesplicabile; i riflessi dell'acqua in movimento fratturano e disperdono l'io e le sue ferme certezze. L'occhio si mescola all'infinito ma anche al tempo, alla consapevolezza del suo inarrestabile passaggio e a quanto ne deriva" [4].


NOTE

[1] NOTTE ALTA (abbreviato in N), Castel Maggiore (Bologna), Book, 1997.
[2] SE FOSSIMO IMMORTALI (abbreviato in S), Novi Ligure (Alessandria), Joker, 2006.
[3] Z. Baumann, LIQUID MODERNITY, Cambridge, Polity, 2000.
[4] E-mail di L. Frisa, 18-6-2007. Il brano è riprodotto col consenso dell'autrice.

[Roberto Bertoni]