07/02/07

Graziella Colotto, OLTRE IL CANCELLO. POESIE


[I found this gate in Lerici. Foto di Marzia Poerio]
















Graziella Colotto, nata alla Spezia, ha ricevuto numerosi premi per le sue poesie (tra cui il Lerici Pea nel 2006). Precedentemente pubblicato il volume RADICI, La Spezia, Cinque Terre, 1996.

Con introduzioni di Paolo Bertolani, Laura Boella, Alberto Caramella e Carlo Maggini, e accompagnata da riproduzioni di tempere di Francesco Vaccarone, la raccolta di poesie OLTRE IL CANCELLO (Lerici - SP -, ConTatto, 2006, copertina e illustrazioni interne di Francesco VACCARONE) riferisce l'esperienza (o, come scrive l'autrice, la "scienza") del dolore, del difficile rapporto con la realtà di protagonisti che, personaggi di una galleria drammatica, parlano dal luogo della malattia mentale: voci prestate a chi è esposto all'"indifferenza" (p. 59) e, in un componimento dedicato a Sylvia Plath, ha dovuto "andarsene così / senza nemmeno il tempo / di spiegare chi eri" (p. 61).

Si tratta di "protagonisti assoluti / unici attori del dramma" e anche "martiri della vita" (p. 63). Delle situazioni di non pena, "[...] quando il dolore / provava inutilmente a penetrare" (p. 65), restano solo i ricordi, contraddetti leopardianamente da un presente di patimento, accresciuto quest'ultimo da un moderno irretimento in un "labirinto di follia" (p. 23).

In ALLO SPECCHIO non c'è "via di fuga" (p. 75). In CHIMERA si legge di una "[...] vita data in sorte, un'illusione / un sogno, una chimera. / Non so che cosa sia / la vita vera" (p. 77).

Si ripercorre nel corso dell'intero volume la tematica della sofferenza, propria di questa autrice, con attraversamento di un campo di pena che ricorda di continuo come vivere sia un'opera complessa e il testo letterario possa mostrare tale difficoltà, impegnandosi a mantenere attiva la consapevolezza dell'esistere in uno scontro con l'angoscia, la delusione, il soffocamento della vitalità per causa del destino, della malattia, di una quotidianità oppressa.

Il peso dell'essere è rappresentato nella sua acutezza, ma gli apparati retorici alleggeriscono le modalità del dire: è da questo contrasto che emerge la cifra stilistica propria e originale di Colotto. Quanto di tragico viene detto lo si legge con toni di fiaba, con l'emersione di figure archetipiche femminili quali, nella poesia che dà il titolo alla raccolta, la "dama" e la "zingara" (p. 25):

"[...]
La vita da fuori è una dama ammaliante
promette di donarsi con ardore,
da dentro è una zingara astuta
sa vendere solo speranza
sicura che il tempo concesso
non sarà mai abbastanza".

Le metafore rispecchiano talora l'ambiente marino ligure accennato con astrazioni che lo privano di riferimenti geografici puntuali, rendendolo pertanto universale. In DISTANZE (p. 27):

"[...] il futuro è una vetta assolata
a strapiombo sul mare.
Ho ingaggiato il gabbiano migliore
che ci insegni a volare".

Si osservano rime e assonanze alternate, baciate e interne; versi di varia misura tra cui endecasillabi, novenari, settenari; dizione asseverativa e sicura.

La semplicità linguistica è un'acquisizione di pregio, conferisce un tono a volte di certezza, a volte di straniamento. In LA TELEFONATA SERALE (p.35), "Felicità è una parola strana / che risuona svogliata / oltre il cancello". In SENZA COLORI (p. 43), la realtà è decomposta e appare in tutta la sua durezza per mezzo di un lessico ad alta frequenza:

"Il Natale dei pazzi
è un incendio spento a metà,
la mente divora frammenti
di realtà, arde veloce il futuro
sotto l'ala di una cometa funesta.
La festa li esclude, la gioia
li accerchia, riaffiora con forza
la vita negata.
Qualcuno si è congedato,
naufragato nel brindisi finale".

Proprio questa modalità linguistica consente di riformulare le parole essenziali, di solito dai parlanti adottate in registri quotidiani e qui invece con coraggio pronunciate in poesia: gli stessi termini "vita", "realtà", addirittura "gioia" e "felicità".

Nella NOTA DELL'AUTORE, del resto, si legge: "[...] ho giocato molto con le parole, creando rime, assonanze e allitterazioni, nel tentativo di rendere il testo più lieve, per bilanciare la drammaticità del contenuto" (p. 89). A conferma, sul piano del dialogo con i modelli intertestuali, sono citati in epigrafe tre versi di Szymborska: "Come vivere? - mi ha scritto qualcuno / a cui io intendevo fare / la stessa domanda", consoni per la loro enigmaticità, ironia e drammaticità affidata alla leggerezza dell'enunciazione.


[Roberto Bertoni]