[A sense of tradition (Dublin 2016). Foto Rb]
Martin Jacques, When China Rules the World. 2009. London,
Penguin, +2012
Varie sono le tesi di fondo di
questo libro, che è già divenuto un classico contemporaneo: l’idea del titolo
che la Cina diverrà la potenza economicamente egemone entro il 2050; il fatto
che non si possa più parlare di un unico modello di modernità, occidentale, liberal-democratico
e fondato sull’idea di progresso, bensì di modernità multiple e tra queste
sempre più affermate quelle dell’Asia orientale, soprattutto Giappone, Corea
del Sud, Taiwan e Cina; il concetto che, a differenza che in Europa dopo la
seconda guerra mondiale, nelle modernizzazioni asiatiche si è determinata, almeno
nella prima fase in Corea del Sud e Taiwan, una situazione autoritaria e dittatoriale,
cui è seguita solo a sviluppo avvenuto la democrazia; e una
progressione diversa in Cina, caratterizzata dalla dittatura del proletariato e
poi da un regime statuale formalmente comunista ma in realtà economicamente
capitalista e basato sul controllo della politica da parte di un’élite.
L’elemento forse dominante è l’idea
della Cina meno come compagine-azione che come civiltà su vasta scala territoriale e temporale; in quanto tale percepita sia dalla popolazione, sia dalle
autorità; da cui le pretese di egemonia in quanto
stato-civiltà-continente e la continuità, pur nelle
rotture politiche, con una tradizione culturale millenaria.
La Cina ha, nel confronto internazionale
per la supremazia globale, anche il vantaggio di essere una realtà già
coloniale, che pertanto è in grado di rivolgersi agli stati emergenti da pari e
con prestigio.
Jacques ritiene improbabile un
mutamento in senso democratico della Cina nel prossimo futuro, sia per la
configurazione ivi assunta dalla politica, sia perché il rischio sarebbe una
crisi del sistema di sviluppo economico finora perseguito e una frammentazione
che provocherebbe una crisi troppo profonda per essere intrapresa da popolo ed
élites.
[Roberto Bertoni]