[Housing contrast (Singapore 2016). Foto Rb]
Feng Xiaogang, I Am Not Madame Bovary. Cina 2016. Tratto dal romanzo di Liu Zhenyun. Sceneggiaura
di Liu Zhenyun. Con Dong Chengpeng, Fan Bingbing, Guo Tao, Yu Hewei, Zhang
Jiavi
Nel film, Li Xuelian e
Qin Yuhe divorziano per ottenere un appartamento che non verrebbe loro
assegnato come coppia, con l’intenzione segreta di risposarsi una volta messe in atto le pratiche urbanistiche, ma Qin Lue, dopo qualche tempo, si risposa con un’altra donna e accusa Xuelian di adulterio. Lei,
furiosa, e per difendere il proprio onore, si rivolge al Tribunale per far dichiarare nullo il divorzio, quindi
divorziare davvero, una richiesta paradossale che non viene accolta. Testardamente
Xuelian porta avanti la propria battaglia, mettendo frattanto in evidenza la corruzione
del sistema giuridico e dei quadri politici cinesi, per dieci anni, riuscendo a
farne punire alcuni e trasformando un piccolo caso locale in una valanga che si
arresta solo con la morte per incidente del marito. Ritroviamo Xuelian anni
dopo emigrata a Pechino, gestisce un ristorante, rincontra il primo giudice del
processo con cui ricorda il passato e rivela la vera causa del suo
comportamento: non era l’appartamento la causa di tutto, ma il fatto che era in
attesa di un secondo figlio, a quel tempo proibito dalle leggi demografiche. La
coppia non era in grado di pagare le tasse e affrontare il possibile
licenziamento punitivo, per cui aveva fatto ricorso al divorzio fittizio, ma nella tensione del tradimento di Qin Yuhe si era verificato un aborto spontaneo: la lotta di Xuelian era dunque per questo, soprattutto, la perdita di un figlio.
Rispetto al romanzo, ci
sono varianti. Tra queste, l’impostazione stessa dell’intreccio, che nel testo
letterario parte subito dalla ragione vera dell’ostinazione di Xuelian. Qui non si ha la perdita dell’embrione, anzi incontriamo la figlia, cresciuta dalla donna, nel romanzo vent’anni dopo. Anche le scadenze temporali
sono un che diverse: le azioni giudiziarie si protraggono per un ventennio.
Naturalmente il romanzo consente una maggiore analisi dei fatti e dei
personaggi.
Il film ha il vantaggio delle
immagini e di una recitazione di qualità, il cui fulcro è senz’altro Fang
Bingbing, resa per l’occasione contadina, parte per lei insolita che svolge
con immedesimazione.
La satira politica è evidente. Come in altre pellicole del regista cinese, secondo quanto rileva Rui Zhang, si nota "the director’s own obsession with 'social conscience'" [1].
Riguardo le tecniche cinematografiche, diverse recensioni (per
esempio quella di Deborah Young) notano, non sappiamo esattamente per quale ragione con fastidio, l’uso di inquadrature di
forma tonda. Il tondo esiste nella
pittura cinese (come riscontra la recensione non firmata del Guardian) e in quella europea. Se
il riferimento a questo modo di composizione dell’immagine è pittorico, in
Cina pare avere connotazioni emotive e, in parte, letterarie:
“Many painters strove to freely express their feelings
and to capture the inner spirit of their subject instead of describing its
outward appearance. The small round paintings popular in the Southern Song were
often collected into albums as poets would write poems along the side to match
the theme and mood of the painting” (Wikipedia).
Forse la circolarità è un
richiamo anche alla tradizione contrapposta alla modernità, uno dei temi di Shenyun
Liu e Xiaogang Feng, che avevamo già visto in un altro romanzo e sceneggiatura
di Liu per un film di Feng, Cellphone,
del 2004.
Ciò che stupisce, nella
critica da noi consultata, è il non riscontro di altri tipi di inquadrature. La
forma circolare riguarda le parti del film che si svolgono in provincia, mentre
quella quadrata si applica alle scene delle grandi città e di Pechino. Nella
parte conclusiva, emerge la visualizzazione a tutto schermo. Le tre forme hanno
dunque significati anche strutturali e funzionali. Allegorizzano inoltre il
passaggio dalla microstoria del paesello che si espande a livello nazionale
sempre di più nel corso della narrazione.
Notevole la fotografia, a cura di Luo Pan.
Se nel romanzo il riferimento geografico fuori Pechino è allo Shandong, i titoli di coda del film
ringraziano le città di Guilin e Wujan. Il film pare privilegi una Cina rurale
intatta, l’urbanizzazione del villaggio coi canali e le case basse, in
contrasto con la proliferazione in altezza, spesso messa in rilievo, dei
caseggiati della capitale.
In breve, ci troviamo di fronte a un film che si rivela al contempo di ampio gradimento di massa, concepito con procedimenti sperimentali, stilisticamente elegante e socialmente impegnato.
In breve, ci troviamo di fronte a un film che si rivela al contempo di ampio gradimento di massa, concepito con procedimenti sperimentali, stilisticamente elegante e socialmente impegnato.
Nel passaggio interculturale in Occidente, risulta interessante, tra l’altro, la
traduzione del titolo. Il titolo in cinese è 我不是潘金莲, che il dizionario di Google
traduce I am not Pan Jilian,
con una citazione del personaggio secondario di donna fatale e assassina del marito nei Briganti, uno dei quattro romanzi classici cinesi; e, con lo stesso nome Pan Jilian, di una
delle protagoniste di un altro romanzo, La Pagoda cinese. Quest’ultimo testo viene citato in apertura del film, con un breve estratto che mette in rilievo quanto l’amore passionale possa infine trasformarsi in risentimento. Il titolo inglese
propone una traduzione culturale trasposta nella letteratura europea: I am not Madame Bovary. Similmente in spagnolo, Yo no soy Madame Bovary. La traduzione
francese è piuttosto cruda: Je ne suis
pas une garce. La traduzione italiana è Divorzio
alla cinese, modellato sul film di Pietro Germi Divorzio all’italiana [2].
NOTE
[1] Rui Zhang, The Cinema of Feng Xiaogang: Commercialization and Censorship in Chinese Cinema after 1989, Hong Kong University Press, 2008, p. 11.
[2] Il romanzo è stato pubblicato in Italia da Bompiani, Milano, 2016.
[Roberto Bertoni]