["Like the seven flying princesses of Mengaodongban?" (Singapore 2016). Foto Rb]
Wang Yi, The Falling Feather. Cina
2012. Con Liu Xiaoxiao, Qu Chingching, Zheng Xiaodong,
Nel 1993, un giovane pittore di Shanghai, Mo Ke,
soggiorna in un villaggio della Prefettura Autonoma di Xishuangbanna, nello
Yunnan meridionale, zona cinese della minoranza etnica Dai, che risiede anche a
Sud-Est nel Laos e a Sud-Ovest nel Myanmar. La bellezza del paesaggio, i templi a struttura
architettonica birmana, i colori intensi, le forme terrazzate delle terre coltivate,
che la telecamera mette in rilievo con fotografia realista spettacolare e nostalgica,
si integrano con la poetica moderna dell’artista in un’opera originale, in
ragione della quale Mo Ke è invitato a partecipare a Shanghai a una mostra
internazionale che contribuirà senza dubbio a incrementare la sua carriera in
modo significativo e duraturo. Nel villaggio, Ke ha conosciuto Nan Suo, una
ragazza Dai. I due si sono innamorati l’una dell’altro. Ke le promette di
tornare. Tuttavia, lo zio gallerista che promuove il suo lavoro, nonché un ricco
mercante d’arte la cui figlia, Xuanzi, corteggia il pittore, cercano di
persuaderlo a restare in città. Il giovane, chiuso in casa dallo zio che teme
una sua fuga verso il villaggio Dai, si imbarca in uno sciopero della fame pur
di mantenere il proprio impegno, ma alla fine, curato in ospedale amorevolmente
da Xuanzi, cede al mondo cui in definitiva appartiene, si spinge verso mete
professionali internazionali e sposa la ragazza di Shanghai. Suo, frattanto, calata in quanto personaggio nell’archetipo
dell’amante abbandonata dallo straniero (come la pucciniana Butterfly), dopo
avere atteso Ke invano, e umiliata anche dall’invio di denaro come unica spiegazione,
si affoga nel lago, lasciando di sé solo una piuma di pavone con cui adornava i
capelli. Dieci anni dopo, con un collegamento alle
prime scene del film, di un’asta in cui un quadro di Ke era stato venduto e il
ricavato devoluto al villaggio Dai, vediamo il pittore ormai affermato, probabilmente ignaro
della tragedia e in un menage familiare piuttosto sereno con Xuanzi e con un
figlio, ricevere come ringraziamento dalla zia della ragazza Dai, per il
contributo della vendita del quadro al villaggio, la piuma lasciata da Suo.
Suo, durante la parte del film degli anni
Novanta, è soprannominata dai compaesani “Principessa Pavone”. Il riferimento,
intertestuale, è a una leggenda Dai in cui Zhashutun, Principe dello Stato di
Mengabanzha, sposa in segreto Namunuona, la Settima Principessa dello Stato di
Mengaodongban. Il matrimonio è ostacolato dal perfido Consigliere di Stato di Mengabanzha,
un praticante di magia nera, che non esita a provocare una guerra con i popoli
confinanti per inviare Zhashutun in guerra con mansioni di Generale e accusare
nel frattempo Namunuona di essere portatrice di un destino di sfortuna,
pertanto responsabile della rovina della Nazione. La mettono sul rogo, ma il
padre, praticante di magia bianca, la salva facendola volare a sé tra le
montagne inaccessibili di Mengaodongban. Il lieto fine consiste nel viaggio
temerario di Zhashutun a riscattare l’amata e nella sconfitta del perfido mago
per mano del Principe. Invece, in The
Falling Feather il lieto fine è negato, come pure sono invertiti alcuni elementi del racconto comparativo. The Peacock Princess, il film del 1982 di Fei Su e Rong Xing che rappresenta la
storia della Principessa Pavone, è il tramite cinematografico di riferimento.
Oltre a questi elementi fantastici e
intertestuali, The Falling Feather pone
in evidenza i modi di vita e le tradizioni preindustriali dei Dai, per lo meno nel
recente passato, oltre a mettere a fuoco, nei dialoghi e nelle inquadrature,
varie contrapposizioni: tra “il mondo di fuori”, come lo definisce Mo Ke, e quello
che Nan Suo chiama “l’unico mondo che conosco”, cioè il suo paese e la sua
cultura; il contrasto tra amore sincero e carriera; la differenza tra sviluppo
urbano e società rurale arcaica.
[Roberto Bertoni]