[Neve nel Wicklow (2016). Foto Rb]
Vladimir Galaktionovič Korolenko, IL SOGNO DI MAKÀR. Trad. M. Albertini. Modena, Edizioni Paoline, 1959
Scorre con
fluidità il testo italiano nella traduzione di Albertini in un registro
letterario e insieme comunicativo per questo racconto populista del 1883.
In un
villaggio della tajgà siberiana,
Makàr, individuo sfortunato, costretto a vivere di cacciagione catturata con
trappole nella neve e di agricoltura di sopravvivenza, vedovo e risposatosi, in
conflitto con la seconda moglie perché dedito all’alcol, dopo una lite con un
vicino per impadronirsi di una volpe caduta in trappola, che assicurerebbe un
compenso decente e qualche spicciolo, muore nella foresta.
L’anima
viaggia per un’ampia pianura, incontrando quelle di altri deceduti prima di
lui, jakuti e tartari, condannati per contrappasso a procedere più e meno
velocemente verso una meta che non si profila.
L’anima di
Markàr perviene al giudizio di Dio. Pesa inizialmente sulla bilancia più il
malfatto che il bene compiuto; ma improvvisandosi oratore, egli si difende, arringando
a suo favore la povertà, la sfortuna, la difficoltà, sicché Dio e gli angeli si
impietosiscono, infine alleviando la pena.
Scritto come
una parabola, senza la prosopopea della didattica, con la semplicità e linearità
di un mito, prendendo le difese del popolo, appunto.
[Roberto
Bertoni]