13/04/15

Tzvetan Todorov, I NEMICI INTIMI DELLA DEMOCRAZIA


Milano, Garzanti, 2012 (Edizione Kindle)

Più ancora del presupposto di base del libro, cioè che nemico della democrazia, prima che le minacce esterne, anch’esse esistenti, sia quanto pertiene a certi suoi meccanismi interni (“ideologie, movimenti o macchinazioni che affermano di difenderne i valori”), ci è parso interessante il riscontro delle origini di un dibattito su volontà personale e collettiva nella diatriba tra agostiniani e pelagiani sul “salvarsi da sé”, facendo assegnamento, secondo Pelagio, sulle proprie forze, dunque con limitazioni all’intervento divino e tramite la sottomissione del comportamento umano alla volontà, con “controllo sulle pulsioni inconsce”, in contrapposizione all’idea di Agostino che “la forza proviene dalla fede, non dalla volontà o dalla ragione” e che “non bisogna contare sulla libertà umana per essere salvati, ma sulla grazia divina”.

Da queste origini, Todorov traccia una storia di eteronomia, o “legge esterna” e autonomia, o “la legge che ognuno s’impone da sé”. Se nella base della modernità che è l’Illuminismo, l’autonomia prevale, è pur vero che ci sono accentuazioni diverse nei vari pensatori: “né Montesquieu né Russeau”, in qualche modo in consonanza con Agostino, pensano che l’uomo possa essere interamente conosciuto dalla ragione e sottomesso alla volontà”, mentre in Codorcet, più in sintonia con Pelagio, “si trova un ottimismo della volontà”.

È dal 1789 che Todorov data il messianesimo moderno, distinguendolo in varie fasi e modalità, tra le quali, agli opposti politici, il liberalismo e il comunismo.

Il pericolo interno alla democrazia di oggi, cui si riferisce Todorov, è “la presenza di una forma di dismisura”, che ha dato origine al populismo, opposto alla “moderazione” e alla “temperanza”, creando una situazione in cui “la libertà diviene tirannide”:

“Oggi, nel mondo occidentale, una delle principali minacce che incombono sulla democrazia non proviene da un’espansione smisurata della collettività, consiste piuttosto in un aumento di potere senza precedenti di alcuni individui. I quali mettono così in pericolo il benessere della società nel suo complesso”.


Frattanto “l’economia, ormai globale, non è più sottomessa al controllo politico degli stati, al contrario, sono gli stati al suo servizio”

Il rimedio sarebbe tornare alla concezione dinamica della democrazia in cui prevalessero “potere del popolo, fiducia nel progresso, libertà individuali, economia di mercato, diritti naturali, sacralizzazione dell’umano”.


[Roberto Bertoni]